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Fiabe ebraiche
«Come una pianta del deserto può sopravvivere a lungo con pochissima acqua, cosí la fiaba ebraica attecchisce anche tra poche parole. Basta qualche manciata di frasi per dare ristoro all'arsura del quotidiano».
Giulio Busi
Il libro
Pa’am Achat: «Una volta». Cosí, il piú delle volte, cominciano le fiabe ebraiche. La formula è usuale, persino scontata. Se non che né prima né dopo quell’«una volta» c’è modo di trovare il verbo, un qualsivoglia attestato di esistenza nel tempo. Da quelle due parole in poi, la fiaba ebraica si dipana sospesa in un tempo che non è dato immaginare, libera dai confini d’ogni concepibile realtà, dove si nutre ogni illusione fuorché quella di collocare la storia in qualche «dove» o «quando». […]
Ironia, a tratti verace umorismo, sommessa distanza dalla realtà, profonda saggezza e inguaribile pazienza sono le virtú delle fiabe ebraiche – siano esse echi di adagi biblici o rifacimenti di motivi stranieri. In un caso o nell’altro, il filo conduttore del racconto, l’atmosfera che si respira, hanno inequivocabile la connotazione d’Israele.
Dalla Prefazione di Elena Loewenthal