-
Antropologia e religione Antropologia e religione
-
Arte e musica Arte e musica
-
Classici Classici
-
Critica letteraria e linguistica Critica letteraria e linguistica
-
Filosofia Filosofia
-
Graphic novel Graphic novel
-
Narrativa italiana Narrativa italiana
-
Narrativa straniera Narrativa straniera
-
Poesia e teatro Poesia e teatro
-
Problemi contemporanei Problemi contemporanei
-
Psicologia Psicologia
-
Scienze Scienze
-
Scienze sociali Scienze sociali
-
Storia Storia
-
Tempo libero Tempo libero
Fiabe ebraiche
«Ironia, a tratti verace umorismo, sommessa distanza dalla realtà, profonda saggezza e inguaribile pazienza sono le virtù delle fiabe ebraiche - siano esse echi di adagi biblici o rifacimenti di motivi stranieri.»
Dalla Prefazione di Elena Loewenthal
Il libro
«Pa’am Achat: “Una volta”. Così, il più delle volte, cominciano le fiabe ebraiche. La formula è usuale, persino scontata. Se non che né prima né dopo quell'”una volta” c’è modo di trovare il verbo, un qualsivoglia attestato di esistenza nel tempo, perché al lettore, o a chi ascolta la parola viva nella voce di chi narra, non è dato mai di sapere e nemmeno poter di congetturare se quell'”una volta” ci fosse o non ci fosse. Da quelle due parole in poi, la fiaba ebraica si dipana sospesa in un tempo che non è dato immaginare, libera dai confini d’ogni concepibile realtà, dove si nutre ogni illusione fuorché quella di collocare la storia in qualche “dove” o “quando”. Pa’am Achat: “Una volta”. Pa’am è il suono che ricorre, il battito del cuore. Quasi a dire che quella “volta” può ripetersi all’infinito, oggi, ieri e domani, ma in casuale sequenza. E magari dentro luoghi che pure portano nomi concreti, come Gerusalemme o Costantinopoli, Safed o un villaggio della Lituania. Ma la geografia è anch’essa pura finzione nella fiaba, architettura di spazi irreali.»
Dalla Prefazione di Elena Loewenthal