Giulio Einaudi editore

La tabacchiera di don Lisander

Saggio sui «Promessi Sposi»
La tabacchiera di don Lisander
Saggio sui «Promessi Sposi»
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«Era stata donna Teresa Stampa, dirigista come sempre, a volere che si effigiasse quella tabacchiera. Al pittore non restò che assecondarla. E l'assecondò pure il marito che, per quanto riluttante ai ritratti, acconsentí a posare nello studio di Hayez: facendosi ritrarre (...) con in mano la familiare tabacchiera accarezzata piú che stretta. Donna Teresa, dopo che il venerato consorte aveva portato a termine la risciacquatura in Arno dei Promessi sposi, lavorava già per i posteri e pensava al museo degli oggetti domestici da conservare a futura memoria. Per questo aveva imposto l'umile accessorio. Voleva che "si facesse nota di una di quelle familiari abitudini, che poi appunto in grazia della loro familiarità sfuggono, o sono dimenticate dalla Storia", scriveva daccordo con lei il figlio Stefano».

Salvatore Silvano Nigro, La tabacchiera di don Lisander

2012
Piccola Biblioteca Einaudi Ns
pp. X - 182
€ 21,00
ISBN 9788806212773

Il libro

La tabacchiera è, per Manzoni, la «scatola» della memoria letteraria attiva nella scrittura dei Promessi Sposi. È un richiamo, anche: rivolto ai lettori disposti a brividare di agnizioni nel labirinto dialogico del romanzo, tra estri sterniani e umori barocchi. Tutto comincia con un curato che inciampa nel malincontro. Seguono le corserelle, i saltelloni, le giravolte, i trotti, i passi brevi e circospetti, lunghi o infuriati, di quanti nell’infelicità della storia viaggiano: tragicamente e comicamente; misurandosi con le «piante insanguinate» di eroi e idoli, che hanno profanato le orme di sangue della Passione di Cristo. Falsari della Grazia e falsari di Dio, tormentati e tormentanti, perpetuano l’idolatria babelica della costruzione di una «torre» che trafora il cielo per darsi un «nome»: in un «eccesso di esistenza», che comporta la dispersione di un popolo e la confusione delle lingue; e le irresponsabilità di una letteratura, che ha smarrito il compito e il dovere della denuncia dell’«errore» e dell’«orrore».