Giulio Einaudi editore

L’Armata a cavallo

Copertina del libro L’Armata a cavallo di Isaak Babel'
L’Armata a cavallo
Mondadori Store Amazon IBS La Feltrinelli Librerie.Coop

«È un mondo esotico, quello dei cosacchi, un mondo arcaico e feroce, un mondo fantastico».

Vittorio Strada

2015
eBook
pp. 208
€ 7,99
ISBN 9788858420799
Traduzione di
Introduzione a cura di

Il libro

I cosacchi di Babel’ sono eroi romantici descritti con crudo realismo: in simbiosi con i loro cavalli possiedono una grazia innata anche nel compiere le peggiori atrocità, sono mito in carne e ossa, esuberanti in tutto e sfrenati sessualmente.
Di loro Babel’ fa un’epica, ma è bravissimo a non farne una retorica. Forse proprio per questo approccio non ideologico e non propagandistico, il regime stalinista fece cadere in disgrazia lo scrittore, che morì in un gulag. Ma i suoi racconti restano tra le cose più belle della letteratura russa del Novecento.

«Sono nato nel 1894 a Odessa, figlio di un commerciante ebreo. La mia scuola si chiamava Istituto commerciale “Imperatore Nicola I”. Era frequentata da figli di mercanti stranieri e di sensali ebrei, da nobili polacchi, da “vecchi credenti” e da tanti appassionati di biliardo ormai uomini fatti. Questa scuola resta per me indimenticabile anche perché l’insegnante di francese era monsieur Vadon. Era un bretone e aveva del talento letterario, come tutti i francesi. Mi insegnò la sua lingua, con lui imparai a memoria i classici francesi.
Poi, finito l’istituto, capitai a Kiev e nel 1915 a Pietroburgo. A Pietroburgo me la passai terribilmente male, non avevo il permesso di residenza, cercavo di evitare la polizia e alloggiavo in un interrato in via Puskin presso un poveraccio di cameriere sempre ubriaco. Fu allora che cominciai a disseminare nelle redazioni i miei lavori, ma dappertutto mi cacciavano via, i redattori mi esortavano a cercarmi un posto di commesso in qualche bottega, ma io non gli davo retta e alla fine del 1916 finii da Gorkij. Devo tutto a quell’incontro. Pubblicò i miei primi racconti in un fascicolo di “Letopis'”, mi insegnò cose di straordinaria importanza, e poi, quando divenne chiaro che i miei due o tre passabili saggi giovanili non erano che un casuale successo e che in letteratura non me la cavavo e che scrivevo terribilmente male, mi mandò a fare apprendistato tra la gente.
Ed io per sette anni – dal 1917 al 1924 – feci il mio apprendistato tra la gente. Durante quel periodo fui soldato sul fronte rumeno, poi prestai servizio alla Oeka, al Commissariato del popolo per l’istruzione, nelle spedizioni di approvvigionamento del 1918, nell’Armata del Nord contro Judenic, nella prima Armata di cavalleria, nel Comitato regionale di Odessa, feci il proto nella Settima tipografia sovietica di Odessa, il cronista a Pietroburgo e a Tiflis e via dicendo. E soltanto nel 1923 imparai a esprimere i miei pensieri in modo chiaro e non troppo prolisso. Allora ripresi a scrivere». Fin qui parole di Babel’ dalla sua autobiografia. Va aggiunto che i primi racconti dell’Armata a cavallo uscirono nel 1924 in «Lef», la rivista diretta da Majakovskij. Il ciclo completo fu pubblicato in volume nel 1926. Sklovskij apprezzò il libro paragonando Babel’ a Flaubert e a Gogol’. Negli anni Trenta il controllo politico sugli scrittori si fece sempre più pesante. Nel 1937 Babel’ venne recluso in un gulag dove morì nel 1941. Le sue opere tornarono a essere pubblicate in Russia nel 1957.