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I cura cari
La prima volta che non l'ha riconosciuto erano seduti
l'uno accanto all'altra. Si è girata verso di lui e gli ha
chiesto chi fosse, con lo stesso tono che usa quando
chiede una caramella.
Da quel giorno Marco si è trovato davanti una nuova
madre, che va perdendo la memoria ma non l'ironia.
E se l'amore è sempre fatto di sfumature, gesti e persino
omissioni, quello tra una madre affetta da Alzheimer e
il figlio che si prende cura di lei può essere un amore
nuovo, spinoso, creativo e testardo come nessun altro.
I cura cari è un romanzo poetico, anzi un romanzo-pugno
e un romanzo-carezza, capace di commuovere e di farci
sorridere nello stesso rigo. Un libro innamorato, scritto
da chi si è trovato senza bussola e ha cercato una via
per raccontare la sua storia, trasmettendo una forma
rara di serenità e conciliazione con la vita.
«Da fuori sembra tutto normale: il cognome sulla porta,
il campanello dorato, un vecchio portaombrelli e uno
zerbino con la scritta Welcome. Dentro è una realtà parallela
dove le cose smettono di essere cose. Con quelle
cose animate, con quelle cose vive, lei ci parla».
Il libro
A Lucia piace molto scambiare due chiacchiere con la signora che vede nello specchio: non risponde mai alle sue domande, quella signora, ma le basta che rida insieme a lei.
Certi giorni Marco e Lucia restano in cucina, si tengono per mano e ascoltano vecchie canzoni. Lui se ne intende di musica, un tempo recensiva dischi e faceva parte di una band. In quel tempo lontano viveva con Rosa in una casa tra il mare e il bosco, in Sicilia. Ora ha lasciato tutto ed è tornato a Milano per sua madre. Seduti al tavolo della cucina, ballano da fermi. Per lei Marco ha dieci anni, oppure è suo cugino, o sua zia.
In casa scompaiono i libri e gli oggetti, che Lucia nasconde nei posti piú impensati, e compaiono sempre piú cartelli che dicono: bagno, camera Lucia, camera Marco, cucina, sala, posate, tovaglie, medicine, sacchetti, pentole, piatti, acqua, pane: «Diamo un nome alle cose affinché mia madre possa ritrovarle».
È una delle tante strategie che Marco è stato costretto a escogitare, come prima di lui migliaia di caregiver, anzi di curacari, per usare un neologismo piú caldo inaugurato da Flavio Pagano. Ma misurarsi con i deliri di Lucia, attraversati da un’allegria che resiste a tutto, significherà inventarsi da zero un linguaggio ben piú complesso, e non solo verbale. Serviranno il cuore e la pancia e la fantasia e tutto il coraggio del mondo per riguadagnare una complicità con lei, per comunicare con questa nuova madre e imparare a ritrovarla nell’ironia, l’unico aspetto che l’Alzheimer non è riuscito a cancellare. Per affrontare quest’ultima, triste e potente stagione d’amore insieme alla donna che l’ha messo al mondo, e conquistare, forse, un nuovo equilibrio.