Giulio Einaudi editore

Così parlò il nano da giardino

Copertina del libro Così parlò il nano da giardino di Margherita Oggero
Così parlò il nano da giardino
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Una favola per tutti, ironica e giocosa, dove una scalcagnata comitiva di spaventapasseri, nani, bambini e gerbilli cerca disperatamente un'isola felice.

2006
L'Arcipelago Einaudi
pp. 92
€ 8,80
ISBN 9788806184735

Il libro

«E Gongolo? Gongolo pianse tutte le sue lacrime, dato che si trattava di una morte annunciata. Una delle più abominevoli, perché sarebbe stato caricato su un camion della spazzatura e poi scaraventato in una discarica.
Oppure – sciagura altrettanto terribile – sarebbe stato rapito da un commando dell’FLNG (Fronte per la Liberazione dei Nani da Giardino), un movimento terroristico internazionale, purtroppo in rapida espansione. Un movimento che afferma di voler liberare i nani e invece li strappa con violenza al loro habitat e poi li abbandona in boschi sperduti e inaccessibili.
I nani da giardino (caso mai qualcuno non lo ricordasse) sono molto sensibili. I nani da giardino, anche se non sembra, sono creature delicate».

Da quando i signori Luposki hanno deciso di costruire una pensione per cani nel terreno davanti a casa, per i gerbilli è giunta l’ora di migrare, onde evitare morsicotti e altri fastidiosi dispetti.
Inizia così per i piccoli roditori la lunga marcia, epica e sgangherata, verso la Terra promessa: quel Gerbido Nuovo tanto decantato dal malinconico nano Gongolo.
La diffidenza si vince con un gioco di parole, un agguato si fronteggia grazie alle «furbate» lette nei libri, e alla fine del viaggio tocca affrontare anche uno spaventapasseri depresso, costruito e poi abbandonato da un ragazzino un po’ speciale.
La curiosità dei gerbilli per tutto ciò che li circonda è forte, specialmente quando le parole prendono vita e si attorcigliano alla realtà creando un mondo giocoso, sempre in bilico tra ciò che è bene sapere e ciò che è bello immaginare.
Perché «le parole sono giocattoli con cui ci si può sbizzarrire in tanti modi. Senza strapazzarle troppo, però».

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