Giulio Einaudi editore

La preferenza per il primitivo

Episodi dalla storia del gusto e dell'arte occidentale
La preferenza per il primitivo
Episodi dalla storia del gusto e dell'arte occidentale
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Frutto di più di 40 anni di studio e riflessione sul tema, il libro è limpidamente argomentato, supportato da ampie citazioni che documentano con precisione il ruolo svolto da autori, critici e artisti nel plasmare e cambiare opinione. Fondamentale e pionieristico, sia come testamento personale sia come antologia documentaria, questo libro tanto atteso offre una visione profonda e rivelatrice della storia e della psicologia del gusto.

2023
Saggi
pp. XX - 380
€ 35,00
ISBN 9788806257880
A cura di
Traduzione di

Il libro

È ora finalmente disponibile in italiano il libro che uno dei piú importanti storici dell’arte del Novecento ha terminato pochi mesi prima della sua scomparsa. Con La preferenza per il primitivo Gombrich ci offre l’interpretazione unitaria, compiuta e avvincente di un ambiguo fenomeno psicologico che ha segnato l’arte e la cultura occidentali da Platone fino a Picasso: il rifiuto di forme espressive elaborate e decadenti in favore di manifestazioni considerate piú antiche, sane e appunto primitive. Da dove nasceva questo bisogno? Perché sotto la categoria di primitivo poterono essere compresi tanto i dipinti di Botticelli quanto le maschere dell’arte africana? E soprattutto, come mai queste apparenti fughe all’indietro hanno invece avuto come paradossale risultato quello di essere uno dei piú potenti motori di sviluppo artistico? Ripresentandosi con frequenza ritmica nella storia occidentale, la preferenza per il primitivo ha plasmato l’arte e il gusto, producendo conseguenze che Gombrich indaga con un singolare misto di passione e distacco e con un’ampiezza di riferimenti documentari e teorici pari solo alla sua vivacità nel maneggiarli. Inoltre, come si mostra nell’introduzione a questa edizione italiana, i risultati a cui approda in questo libro frutto di oltre quarant’anni di lavoro portano Gombrich a ripensare la sua stessa traiettoria scientifica. Se in Arte e illusione aveva studiato la tendenza a spiegare l’evoluzione degli stili in termini di progresso verso l’imitazione della natura, qui egli indaga il rovescio della medaglia: «non dovrebbe stupire che abbia trovato entusiasmante e importante esplorare un principio psicologico opposto a quello tradizionalmente adottato: la repulsione nei confronti di quella perfezione verso la quale si riteneva che l’arte dovesse tendere». Solo tenendo conto di questo dualismo e delle tensioni da esso innescate riusciamo a capire la logica con cui sono state prodotte molte delle immagini che ci circondano, perché «le conseguenze pratiche di questi sviluppi sono ancora tra noi».

 

«Non occorre dire che per le società del XVIII secolo il pittore era una persona in grado di rappresentare una figura umana, una mano, un piede con impeccabile precisione, e che chi non avesse saputo farlo sarebbe stato considerato un ridicolo cialtrone. È il momento, in altre parole, di ricordare che il termine “primitivo” è sempre relativo a un’abilità. Non si era ancora aperta l’epoca in cui gli scarabocchi di un ignorante sarebbero stati elevati a dignità d’arte col nome di art brut».

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