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Dopo Divorare il cielo (Supercoralli 2018, in Tascabile dal 2019) e Nel contagio (Vele 2020), Paolo Giordano torna nelle librerie con Tasmania: un romanzo sul futuro. Il futuro che temiamo e desideriamo, quello che non avremo, che possiamo cambiare, che stiamo costruendo.
Il protagonista è un giovane uomo attento e vibratile, pensava che la scienza gli avrebbe fornito tutte le risposte ma si ritrova davanti un muro di domande. Con lui ci sono Lorenza che sa aspettare, Novelli che studia la forma delle nuvole, Karol che ha trovato Dio dove non lo stava cercando, Curzia che smania, Giulio che non sa come parlare a suo figlio. La crisi di cui racconta questo romanzo non è solo quella di una coppia, forse è quella di una generazione, sicuramente la crisi del mondo che conosciamo – e del nostro pianeta. La magia di Tasmania, la forza con cui ci chiama a ogni pagina, è la rifrazione naturale fra ciò che accade fuori e dentro di noi. Cosí persino il fantasma della bomba atomica, che il protagonista studia e ricostruisce, diventa un esorcismo: l’apocalisse è in questo nostro dibattersi, e nei movimenti incontrollabili del cuore.
Il libro, «tra i titoli più contesi alla Fiera di Francoforte» («Corriere della Sera») e i cui diritti sono stati già venduti in oltre venti paesi, sta ricevendo un’accoglienza straordinaria:
«Tasmania non è solo un romanzo perché è troppo moderno per essere un romanzo classico. Usa il romanzo, cioè quello che ha imparato dal romanzo, come chiave di accesso, ma questo è un libro che contiene in sé altre forme, il giornalismo, il reportage, il saggio, l'autofiction, la riflessione su un'epoca. Senza che il lettore ne esca mai frastornato, ma anzi con l'effetto di tenerlo incollato, bisognoso di continuare perché felice di sentirsi vicino e compreso: felice di essere portato con leggerezza nella profondità dei suoi abissi».
Annalena Benini, «Il Foglio»
«Qual è il peso specifico di una crisi quando sia il passato (come forma di nostalgia) che il futuro (come forma di utopia) sono altrettanto inattingibili? In questo senso, Tasmania – un romanzo lucidissimo e struggente – sembra interrogarsi su ciò che Divorare il cielo lasciava ancora aperto».
Veronica Raimo, «7 – Corriere della Sera»
«Tasmania parla di noi, delle nostre crisi intrecciate alla crisi più devastante, quella del clima, mentre a nessuno che possa davvero fare la differenza pare ne importi veramente qualcosa. Che bello quando uno scrittore scrive un romanzo immerso nel suo tempo: presente, passato e forse anche futuro».
Daria Bignardi, «Vanity Fair»
«Giordano riesce a sovrapporre una frattura interiore a quella collettiva. Tasmania è un libro bello e importante, forse il romanzo definitivo su quel che ci sta succedendo e non riusciamo a spiegarci».
Nicola H. Cosentino, «Corriere della Sera»
«Mi succede con pochi romanzi. Inizio a leggerli e mi ci accomodo dentro come se parlassero la mia stessa lingua. Ma non si tratta soltanto di parole, è roba più profonda, che ha a che fare con l’anima che, come col tocco di un diapason, comincia vibrare nella stessa frequenza. Dico che è un libro bellissimo. Fine».
Luciana Littizzetto, link
«Tasmania è un libro feroce e insieme struggente. Il libro di uno scrittore adulto, che porta addosso i segni di quello che gli è accaduto e ci sta accadendo: in pari misura. Anzi: il suo corpo si fa sismografo, sembra acquisire le stigmate dalle catastrofi. La pandemia, la crisi climatica, la siccità e in generale la crisi della nostra presenza sul pianeta».
Elena Stancanelli, «tuttolibri – La Stampa»
«Paolo Giordano ha smesso di fare il fisico e si è dedicato ai romanzi, senza smettere però di essere uno scienziato. Ha scelto un approccio non lineare a questioni che la matematica non riusciva a dirimere, le parole come strumento più potente dei numeri, ma che vanno maneggiate con altrettanto rigore e precisione affinché producano segnale e non rumore, per usare il gergo degli statistici».
Stefano Feltri, «Domani»
«Giordano firma il suo quinto romanzo, il più bello, perché nichilista e contemporaneo, attestandosi come il narratore più sfaccettato sulla scena italiana, capace di parlare di nuvole e orgasmi, terrorismo e divorzio, gender gap e Lanzarote».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»
«Le opere di Giordano si distinguono per un nitore sintattico che non "sporca" mai la pagina e per uno scandaglio psicologico sempre spudorato e meticoloso. In tal senso non c'è parentela con la tradizione italiana. Si avverte l'eco di letture assai metabolizzate di autori feticcio come McEwan o Cunningham, rivelatori anche dell’attitudine a raccontare infanzia e adolescenza».
Crocifisso Dentello, «il Fatto Quotidiano»
«C’è un nodo che vorrei subito raccontare e cioè la capacità del protagonista, di chi parla in questo romanzo, di raccontarci e analizzare con occhi molto acuti i grandi temi del presente».
Giorgio Zanchini, «Quante storie – Rai 3»