Giulio Einaudi editore

Nathan Englander «Una cena al centro della terra»

Nathan Englander

L'ultimo libro di Nathan Englander è, come al solito, magnifico: un'opera di precisione psicologica e forza morale che cattura con pari immediatezza sia l'eterna verità umana sia gli smarrimenti del presente Colson Whitehead

Due personaggi, due ombre, dominano il nuovo tesissimo romanzo di Nathan Englander, Una cena al centro della terra: il prigioniero Z e il Generale. Il prigioniero è un americano senza nome, chiuso da dodici anni in una cella nel deserto di Negev, sorvegliato da telecamere che registrano e contrassegnano ogni movimento. Ha come unica compagnia un secondino e scrive molte lettere al Generale, quasi un alter ego di Ariel Sharon, per riavere la libertà, senza sapere che è ormai prigioniero del suo corpo, in un ospedale di Tel Aviv.

Z ha combattuto e ucciso per il suo paese, ha avuto nelle sue mani il destino di una nazione, ha parlato e ascoltato due lingue, quella della Bibbia e quella dei fucili. Nella storia, che è psicologica e politica, compaiono altri personaggi, che intrecciano le loro storie, muovendosi in luoghi e tempi diversi. C'è Ruthi, madre del sorvegliante che accudisce il Generale, un morto «così potente che continua a vivere» e c'è il figlio, il sorvegliante che osserva e parla con «un vivo che è già morto».

Una cena al centro della terra tesse «una maglia narrativa coesa e densissima, dove spie in fuga e traffici internazionali si incrociano ai tragitti dell’esistenza individuale e alle rapaci incursioni della storia nella convulsa attualità […] una narrazione insieme estrosa e serissima, in una catena di rispecchiamenti e corrispondenze, di storie che fanno eco ad altre storie, dove tutto è sempre sul punto di rovesciarsi nel suo contrario» (Massimiliano De Villa, «il manifesto»).

Centrale nel romanzo è anche la complicata situazione in Medio Oriente. È lo stesso autore, in un’appassionante conversazione con Gianni Riotta, ad ammettere di non capacitarsi come non si riesca a trovare una soluzione pacifica al conflitto: «Tutti sanno quali sarebbero le soluzioni, palestinesi ed israeliani lo sanno, tutti sanno dov’è la chiave, nessuno apre la porta. Per questo ho scritto Una cena al centro della terra, per strillare “rivoglio indietro la mia pace! Non potete fregarmela per sempre!” […] La sola strada per comprendersi tra nemici in questa terra ferita è l’empatia».

Tutti i personaggi sono vicini e opposti, prigionieri di una realtà, anche quelli che vivono lontano dal dramma di una terra senza pace. «Un nuovo romanzo, diverso, originale, sempre sospeso tra la riflessione morale e la spy-story, che ci fa sprofondare in una realtà dove le ragioni e i torti dell’uno si rovesciano in quelli dell’altro, rifrangendosi in un ininterrotto gioco di specchi» (Franco Marcoaldi, «D – la Repubblica»).

Una profonda meditazione sullo stato di Israele e insieme un thriller avvincente, denso di colpi di scena e ambiguità morali. Una gioia da leggere «The Jewish Chronicle»

Il libro