Giulio Einaudi editore

Prima antologia

Donna di dolori. Corsia degli incurabili
Prima antologia
Donna di dolori. Corsia degli incurabili
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Poi goccia a goccia misuro le ore | Nel tutto buio, sotto il mio dolore, | piú giú del buio della notte affondo. | Scena muta di sogno, ombra di mondo, | un niente di due tutti e di due vite, | piccola eternità, e ore infinite, | pienissima di me, viva di un cuore | che mi sgocciola via senza rumore, | in me ringorgo sotto il mio dolore. | Dolore della mente è il mio dolore... | per il mio mondo... e per l'altro maggiore...

1999
Collezione di poesia
pp. 91
€ 11,00
ISBN 9788806149550

Il libro

Questa Prima antologia riunisce due tra le raccolte più significative di Patrizia Valduga, Donna di dolori (1991) e Corsia degli incurabili (1996), cui si aggiunge l’inedito Carteggio composto insieme a un misterioso «poeta incognito». In Donna di dolori la mente ancora lucida e consapevole di una donna morta, rievoca momenti e motivazioni della propria esistenza. Il flusso ribollente e convulso dei suoi pensieri, ineluttabilmente scandito in endecasillabi a rima baciata, trascorre da toni di accorata confessione all’invettiva, giovandosi di un sapiente amalgama di colloquialismo spinto e raffinatezze letterarie. Anche Corsia degli incurabili dipana la voce monologante di un unico personaggio, collocandosi a metà fra poesia e teatro. A parlare nel metro del serventese classico, più complesso e più discorsivo dei distici a rima baciata, è in questo caso uno dei cosiddetti malati «terminali», un «soldato del dolore» confinato in un reparto ospedaliero. E ancora una volta la prossimità con una condizione tanto estrema quanto comune si risolve in un linguaggio poetico che costituisce il solo esorcismo per le problematiche che fronteggia. Di tono più aereo e metricamente più variate sono le cortesi, ironiche galanterie di Carteggio. Qui la scrittura dell’autrice si alterna a quella di un riservato estimatore, in un canto e controcanto che è al contempo gioco di amorose schermaglie ed elevatissimo cimento formale. Una ulteriore, felice conferma dell’intensità e del rigore che contraddistinguono, da sempre, la poesia di Patrizia Valduga.

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