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Tra animali e piante
«Questo non è russo, ma una lingua astrusa», «Mascalzone! Questi sarebbero i nostri quadri dei Kolchoz!», «Buffone», «Spirito di patata!», «Farabutto!»
Iosif Stalin
Il talento di Andrej Platonov - un autore molto ammirato da Hemingway, che lo riteneva un suo maestro - è ben rappresentato da questa selezione dei suoi racconti piú belli, scritti tra il 1930 e il 1938. Sono opere che riflettono in modo commovente e vivace gli eventi storici vissuti in quel tragico decennio da tutti i russi, e che spiccano per l'originalità con cui combinano umorismo e tragicità. Platonov narra storie profondamente russe ma al contempo incentrate su temi universali: il diritto alla felicità, il rapporto tra uomo e natura, la forza interiore delle donne, i turbamenti erotico-sentimentali dell'homo sovieticus, l'innocente spontaneità dei piú piccoli e la meschinità degli adulti, l'amore per gli animali... Questi racconti, dopo la pubblicazione in questa collana di Cevengur, confermano la bravura di Platonov tanto nelle forme piú ampie quanto in quelle piú brevi.
Il libro
Nella sua complessa totalità l’opera di questo Maestro è stata definita come una sorta di rimprovero rivolto a noi – persone comuni con un linguaggio ordinario e idee ordinarie. Eppure, evitando conclusioni consolatorie, le sue storie coinvolgono il lettore in un’affettuosa condivisione delle gioie effimere, ma necessarie, delle sofferenze brucianti, ma inevitabili, della vita grazie a un narratore che al giudizio e agli insegnamenti preferisce l’empatia nei confronti dell’essere umano, accettato con tutte le sue paure, miserie e ingenuità. A questo punto è legittimo chiedersi: come può il lettore occidentale, non russo, comprendere il discorso intimo, doloroso, ironico del russo Andrej Platonov? La risposta viene offerta da uno dei suoi piú implacabili accusatori in un lungo saggio pubblicato nell’anno delle «grandi purghe»: «Platonov nelle sue opere offre sempre la piú ampia generalizzazione. Il mondo e l’essere umano sono il suo campo visivo. Scrive dell’infanzia in generale, della vecchiaia, della solitudine, della morte, della nascita, dell’orfanità in generale, dell’eterno problema del personale e del pubblico».
dalla prefazione di Ornella Discacciati