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Sconosciuti amici
Pier Franco Brandimarte ricostruisce, con una prosa dal passo etilico e malinconico, il microcosmo di un bar di quartiere: un coro di solitudini riunite intorno a una conversazione che non va da nessuna parte ma riscalda, brandelli di voci che si mescolano per svelarci quel poco che si può svelare di un piccolo mito da bancone.
Il libro
Remo, come tutti i personaggi da bar, è difficile immaginarselo lontano da un calicetto di rosso, è difficile pensare che possa esistere al di fuori delle chiacchiere, sue e degli altri, che si fanno ad alta voce tra i tavolini e i cicchetti. Remo è stato dentro, piú volte, la ragione nessuno l’ha mai capita per davvero, perché niente nei bar è mai per finta e niente è mai per davvero; Remo si è preso una sventagliata di mitra nel fianco da un carabiniere, aggiusta tutto e sa bene che il problema sta sempre sotto, era a Bologna quando nella stazione la bomba è esplosa e un secondino lo ha corcato di botte ma il motivo, come mille altri motivi, non è il caso di spiegarlo. Remo ha un figlio che vive in Bolivia e una figlia con cui non parla da chissà quanto tempo…