Giulio Einaudi editore

Madri selvagge

Contro la tecnorapina del corpo femminile
Copertina del libro Madri selvagge di Alessandra Di Pietro, Paola Tavella
Madri selvagge
Contro la tecnorapina del corpo femminile
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Sulla nascita della vita le donne sanno piú di chiunque. La scienza deve fare i conti con la loro etica del limite, con la loro sapienza sulla maternità e sul rifiuto o l'indifferenza verso la maternità.

2006
Stile Libero Inside
pp. 188
€ 11,50
ISBN 9788806180546

Il libro

Questo «manifesto radicale di amore per la vita», scritto da due femministe libertarie di sinistra, è un libro militante, un’inchiesta giornalistica, un romanzo antropologico che denuncia l’ipocrisia del dibattito etico e scientifico sulla natura dell’embrione, quando la sperimentazione di massa del biotech sugli umani avviene nel corpo delle donne, sfruttato per il commercio legale e illegale degli ovociti. Le autrici sfidano le convenzioni «politicamente corrette» su maternità e fecondazione assistita, e affermano, sulla base di una grande varietà di documenti e testimonianze, che la pretesa della tecnica e della scienza di «migliorare» e «ricercare» in tema di procreazione è spesso assoluta, come assoluta, in particolare sui temi della vita, è la pretesa della religione. Tra i dogmi della tecnica e della religione Alessandra Di Pietro e Paola Tavella raccontano in questo libro la terza via al desiderio di maternità e alla sua pratica, sostengono la possibilità di essere pienamente femminili e creative anche senza procreare, cercano una mediazione fra la gioia della naturalità e i progressi della medicina.

Abbiamo concepito i nostri figli nel piacere, li abbiamo partoriti accucciate, nel dolore e nel sangue, li abbiamo attaccati al seno con gusto per anni. E se in futuro si vergognassero di noi, le loro madri selvagge? Se ci rimproverassero di averli fatti nascere come umani, non selezionati, non diagnosticati, non testati, confidando in una sorte che pure avrebbe potuto essere predetta e scelta? Forse da adulti scoprirebbero di avere un difetto che si poteva evitare se fossero stati concepiti in vitro da embrioni verificati. «Preferireste non essere nati?» potremmo allora gridare noi, indignate da tanta gratitudine. E probabilmente gli daremmo anche uno schiaffo. Mentre scriviamo ci sono già madri che passano questo gran brutto quarto d’ora, e anche di peggio. In Francia e negli Stati Uniti, figli che si ritengono malriusciti hanno potuto intentare una causa legale alle donne e ai medici che li hanno lasciati nascere senza preoccuparsi di identificarli ed eliminarli come malformati e malati magari fin dalla vita embrionale.

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