Giulio Einaudi editore

Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana

(8 settembre 1943 - 25 aprile 1945)
Copertina del libro Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana di VV.
Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana
(8 settembre 1943 - 25 aprile 1945)
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Le Lettere contengono la voce di un altro popolo; di uomini e donne, appartenenti a tutte le età e a ogni classe sociale, consapevoli del dovere della libertà e del prezzo ch'essa, in momenti estremi, comporta.

2002
I millenni
pp. XVI - 356
€ 40,00
ISBN 9788806163204
Introduzione a cura di

Il libro

La presente nuova edizione delle Lettere segue la prima, a distanza di cinquant’anni. Sebbene da allora si siano avute ben 15 tra riedizioni e ristampe, a dimostrazione di un interesse sempre vivo, un cenno alle ragioni di quest’ulteriore ripresa è necessario. Il pubblico al quale si rivolge è del tutto diverso da quello di allora, quando era composto di persone che avevano vissuto i fatti, o almeno i tempi, della Resistenza. Quella generazione è quasi completamente scomparsa. Per le nuove e, soprattutto, per quella di chi oggi è ragazzo, non si tratta piú di rivivere o rievocare vicende in cui ci sia stato un coinvolgimento anche soltanto indiretto. Inevitabilmente, questi testi sono letti oggi con un’attutita percezione dell’originario significato che essi avevano nel momento storico che era il loro: l’incubo fascista e nazista, l’aspirazione alla liberazione dell’Italia e la grande frattura politica, morale e culturale che segnava l’Europa. Questa attenuazione, peraltro, non ne diminuisce il valore di testimonianza e lezione, anzi lo generalizza. […]
Le Lettere contengono la voce di un altro popolo; di uomini e donne, appartenenti a tutte le età e a ogni classe sociale, consapevoli del dovere della libertà e del prezzo ch’essa, in momenti estremi, comporta. Chiunque anche oggi le leggerà, vi troverà un’altra Italia e non potrà non domandarsi se davvero non ci sia piú bisogno di quella voce o se, al contrario, non si debba fare di tutto per tramandarla e mantenerla viva nella coscienza, come radice da cui ancora attingere forza.

Dalla Nota introduttiva di Gustavo Zagrebelsky