Giulio Einaudi editore
Gabriele Tergit

La saga degli Effinger ha inizio con Paul e Karl – figli del capostipite Mathias, orologiaio a Kragsheim – che da un piccolo paese si dirigono alla volta della Berlino cosmopolita per cercare fortuna. Ambiziosi e irrequieti, mecenati talentuosi e sensibili, ardenti patrioti e prussiani, in poco tempo gli Effinger riescono a guadagnarsi la fama di abilissimi imprenditori e a diventare una delle famiglie piú importanti della città. Ma dopo la Prima guerra mondiale, le loro certezze borghesi cominciano a sgretolarsi e piano piano anche le loro splendide feste non possono piú nascondere l’antisemitismo sempre piú dilagante e brutale.

Gli amori, le sofferenze, le rivoluzioni politiche, ma anche gli arredi, gli abiti da sera, i caffè, i teatri: Gabriele Tergit, in un trionfo di voci e immagini minuziose, racconta il perduto mondo ebraico berlinese.

Nonostante il valore di questo romanzo sia stato scoperto più tardi della sua prima pubblicazione, nel 1951, oggi Gli Effinger viene considerato un classico, in corso di pubblicazione in tutto il mondo: «Uno splendido e ineguagliabile affresco della Germania ebraica tra Ottocento e Novecento» (Literatur – Der Spiegel).

Alla sua prima edizione italiana, nella traduzione di Isabella Amico di Meane e Marina Pugliano, il libro di Gabriele Tergit sta entusiasmando i lettori e la critica. Ecco alcuni estratti:

«Sembrerebbe difficile trovare qualcosa di creativo e di nuovo in un romanzo storico. Ma ci sono delle sorprese – ad esempio un romanzo di grande successo e di indubbio fascino come Gli Effinger. […] Gabriele Tergit racconta con una grazia e una naturalezza che sfidano ogni ridicola pretesa di emulazione e riescono a far toccare con mano, a far sentire la realtà e la vita dei tedeschi in quegli anni. In questo fluviale racconto – il cui protagonista è Berlino più che la Germania – ci sono soprattutto la leggerezza e la malinconia piuttosto che la grandezza imperiale della capitale».
Claudio Magris, «Corriere della Sera»

«La storia corre sciolta e ariosa. Priva di compiacimenti formalistici, e resa musicale da una serrata polifonia di dialoghi brillanti, la prosa stabilisce una complicità affettuosa col lettore. L'impianto sembra pronto per una sceneggiatura, e infatti i diritti cinematografici sono già stati opzionati. Facile supporre che Gli Effinger sia atteso da un destino felice. […] Catturano la costante mancanza di sentimentalismo nella registrazione dei fatti e la vitale densità dell'affresco storico, economico e sociale, dal quale emergono i meccanismi del lavoro, la lotta fra capitalismo e marxismo, le idee sull'emancipazione della donna, il contrasto tra l'anelito giovanile alla secolarizzazione e il vecchio integralismo religioso nei contesti ebraici. Ogni cosa s'intreccia, s'amalgama e risplende, nell'epopea moderna degli Effinger».
Leonetta Bentivoglio, «Robinson – la Repubblica»

«Leggere Gli Effinger della scrittrice Gabriele Tergit (1894-1982) è qualcosa di simile a un'immersione totale […] Sì, lo hanno paragonato ai Buddenbrook, e le somiglianze sono evidenti, l'impronta è quella (tra l'altro il capolavoro di Mann finisce nel 1877, mentre qui incontriamo Paul Effinger nel 1878), soprattutto in alcuni personaggi. […] Tergit crea (o forse solo ricorda?) protagonisti irresistibili. Sembra di vederli intorno al grande tavolo da pranzo. Ridere, litigare, amare. La stampa tedesca, che ha riscoperto e incoronato il romanzo nel 2019 (opzionati i diritti per farne un film), ha fatto notare che qualsiasi autore di drama di una qualunque piattaforma digitale dovrebbe arrossire davanti alla costruzione narrativa degli Effinger. Alla straordinaria resa di un mondo perduto per sempre, e mai così vivo».
Annachiara Sacchi, «la Letttura – Corriere della Sera»

Jonathan Franzen

Con Crossroads, Jonathan Franzen, torna nelle librerie con una grande nuova storia familiare. Protagonista del romanzo dell’autore de Le correzioni è una famiglia americana, gli Hildebrandt, all'inizio dei tumultuosi anni Settanta: un microcosmo di sogni, paure, rivalità e sensi di colpa. Da una parte l'imperativo antico della legge morale, dall'altra la vita degli esseri umani, emozionante, spaventosa e ingovernabile. Ancora una volta, con l'ironia e l'empatia che sono la cifra della sua letteratura, Franzen racconta una storia unica e insieme universale, sullo sfondo di un paese che non ha mai smesso di rifondare i propri miti.

Il libro, che ha già ricevuto una calorosissima accoglienza da parte della stampa internazionale – «un’opera perfetta» per «Kirkus Reviews», «un capolavoro» per «Booklist», «magistrale e irresistibile» per «Publishers Weekly», «il suo libro migliore» per «Book Forum» –, sta entusiasmando anche la critica italiana.

Di seguito alcuni estratti:

«Il miglior Franzen dai tempi di Le correzioni […] Dimenticavo: i personaggi di Crossroads, che tranne Clem credono tutti in Dio (un Dio cercato, amato, temuto) e nell'esistenza del Male, ci commuovono e ci fanno sorridere. E, colti tra il Natale e la Pasqua all'alba degli anni Settanta, sono al contrario di noi ancora capaci di sognare».
Giuseppe Culicchia, «tuttolibri – La Stampa»

«Questo importante romanzo, struggente e a tratti ironico, si svolge tra il Natale e la Pasqua, e racconta gli aneliti di personaggi che cercano qualcosa che cambi le loro esistenze, ma giunti allo snodo fondamentale delle rispettive vite devono fare i conti con i propri limiti e le proprie fragilità».
Antonio Monda, «la Repubblica»

«Si tratta del suo romanzo migliore […] Con Crossroads ci consegna il suo libro più intenso, un ritratto della società americana, la cui potenza artistica deriva dal la capacità di aver fatto di ogni personaggio nel rapporto con Dio e con la comunità, nel continuo dilaniarsi fra rimorsi, desideri e bugie uno specchio, in cui ciascun lettore può ritrovarsi. E finalmente, nessuno sarà più solo sotto questo immenso cielo».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»

«… Primo di una trilogia, con cui lo scrittore torna nel Midwest. Sorretto da una grande architettura, ambientato nella fittizia località di New Prospect, Chicago, nei primi anni Settanta, ha come protagonisti gli Hildebrandt: il padre Russ – pastore in una chiesa cristiana liberal –, la madre Marion e i loro quattro figli. In oltre 600 pagine Franzen ne indaga le inquietudini e gli slanci, i sogni e i segreti, l'imperativo morale che governa le loro esistenze, ma anche il rapporto dialettico tra bene e male che ne scaturisce».
Cristina Taglietti, «Corriere della Sera»

Jonathan Franzen presenta Crossroads