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«È un romanzo sulla ricerca della felicità, sul non rassegnarsi». Gianrico Carofiglio descrive così a Severino Colombo, in un’intervista sul Corriere della Sera, L’orizzonte della notte, il nuovo libro che vede protagonista l’avvocato Guerrieri cinque anni dopo La misura del tempo.
Questa volta a Guido Guerrieri non basta più il fedele Mr Sacco, il sacco da pugilato con cui l’avvocato, tra un pugno e l’altro, è solito confidarsi.
«Il problema, senza offesa, è che tu sei un po’ troppo taciturno. Sei un ottimo ascoltatore, per carità. Ma sai, a volte uno ha bisogno di qualche commento esplicito, qualche interpretazione, anche qualche consiglio» (L’orizzonte della notte).
E proprio in quest’ottica Guido Guerrieri ne L’orizzonte della notte affronta un percorso di analisi con uno psicoanalista di scuola junghiana, il dottor Carnelutti, mentre è alle prese con un caso giudiziario che metterà a dura prova il senso di giustizia dell’avvocato, chiamato a difendere Elvira Castell. La donna ha ammesso di aver ucciso con un colpo di pistola al cuore l’ex compagno della sorella, da poco morta suicida.
«Mi interessava affrontare un soggetto etico, deontologico, ragionare su cos’è la legittima difesa, e anche parlare del tema della violenza sulle donne in maniera indiretta, da un altro angolo visuale», spiega Carofiglio nell’intervista al Corriere.
Un viaggio psicologico che rappresenta l'atmosfera di un libro delicato e dolente: seguendo il ritmo del legal thriller di cui è maestro Maurizio Crosetti, «la Repubblica»
L’angolo visuale scelto da Carofiglio per parlare della violenza sulle donne, e le sedute di analisi con il dottor Carnelutti, porteranno l’avvocato Guerrieri a prendere decisioni importanti nel corso del romanzo, e anche ad «accettare l’idea che sbagliare non è una catastrofe, è un passaggio fondamentale dell’evoluzione. Una forma di armistizio con noi stessi. Un modo per diventare persone migliori. Senza commiserazione e senza risentimento» (L’orizzonte della notte).
Come nota Maurizio Crosetti nella sua recensione pubblicata su Repubblica, «Il sentimento del tempo, una giostra tra sottrazione e accumulo, intesse questo romanzo multistrato, dove lo stile asciutto di Carofiglio è la nota giusta per non sbandare nelle curve del dolore. L’enfasi, scrive l’autore, segnala sempre un disagio».
L’orizzonte della notte è il settimo romanzo di Gianrico Carofiglio con protagonista Guerrieri. Il primo è Testimone inconsapevole (Sellerio, 2002), seguito da Ad occhi chiusi (Sellerio, 2003), Ragionevoli dubbi (Sellerio, 2006), Le perfezioni provvisorie (Sellerio, 2010), La regola dell’equilibrio (Einaudi Stile Libero, 2014) e La misura del tempo (Einaudi Stile Libero, 2019).
Sono amati da alcuni, odiati da molti, temuti da tutti. I Wadia controllano trasporti, miniere, zuccherifici. Ma è con la speculazione edilizia che stanno consolidando il loro impero. Ora però le proteste di chi viene sfrattato montano e il «Delhi Post» sta indagando per fare esplodere lo scandalo. Grazie al carisma e alla determinazione, Neda è riuscita a insinuarsi nella cerchia di Sunny Wadia, il rampollo destinato a prendere in mano le redini della famiglia. Ma invaghirsi di una giornalista come lei è una debolezza che a Sunny potrebbe costare molto cara. Il compito di scongiurare la rovina spetterà ad Ajay, ragazzo di origini poverissime, autista, tuttofare, guardia del corpo e, all’occorrenza, vittima sacrificale.
L'età del male di Deepti Kapoor, primo volume di una trilogia, è stato «il caso della fiera del libro di Francoforte» (Alessia Rastelli, «Corriere della Sera) ed è tradotto, o in via di traduzione, in più di 30 Paesi. Presto diventerà anche una serie tv.
«Deepti Kapoor ha tratteggiato un dipinto preciso e puntuale di una situazione drammatica […] Tranne le storie dei protagonisti, è tutto vero: questo mondo corrotto e avido è l’India che Kapoor conosce. Per gli Indù è Kali Yuga, l’ultima età, l’età del vizio contro la quale qualsiasi sforzo è futile. È un’epoca senza dèi, dominata da uomini corrotti dall’ateismo e dal potere accumulato. È una condanna, una dannazione. Chi attraversa l’ultima era del ciclo induista non si rende conto di non avere più risorse: è confuso dal benessere. Forse è proprio per questo che non si può definire L’età del male un thriller, perché, benché sia il primo capitolo di una trilogia, non può giungere a una conclusione. “Il male”, come scriveva Cormac McCarthy, “Non ha un inizio e non ha una fine. Il male è, e noi siamo in relazione a esso”».
Giulio D’Antona, «tuttolibri – La Stampa»
«L’età del male è un affresco potentissimo, affascinante e violento di come gli universi del nostro mondo girino vorticosamente e senza scampo attorno al denaro, che diventa il nucleo, il nocciolo radioattivo di emozioni, aspirazioni, sentimenti, incubi e sogni di tutti, dagli emarginati che stanno addirittura oltre i bordi della società, intoccabili senza casta, fino a quelli che ci stanno al centro, anzi, sopra, con lo sfarzo e la potenza di antichi maraja. Bravissima Deepti e bellissimo L’età del male. […] Nonostante tutta la feroce disperazione che contiene, nonostante la sua disturbante violenza, questo è anche un romanzo spesso ironico e sicuramente divertente. Come Deepti ci sia riuscita è frutto di quella magia che appartiene ai grandi scrittori».
Carlo Lucarelli, «Corriere della Sera»
«Pagine imbevute nell’adrenalina di un viaggio nel sottobosco del crimine, nella politica corrotta e tra le speranze disattese dei nullatenenti del nord dell’India. Ma è anche un’escursione antropologico nella “New India” di vent’anni fa, epoca in cui è ambientato il primo tomo di un’attesissima trilogia […] Quanta lucidità e capacità di narrare con un linguaggio semplice, avaro di aggettivi, con frasi brevi: soggetto, predicato verbale, complemento oggetto, punto. Poche, rapide descrizioni per dare vita a personaggi come Ajay e Sunny, ma soprattutto come quello più autobiografico, Neda Kapur, la reporter che s’invaghisce del figlio del boss criminale, che diventa la Eco di questo gangster Narciso e viene avviluppata in una ragnatela da cui sarà complicato uscire, pagando in un certo senso un prezzo di sangue per questa relazione pericolosa».
Carlo Pizzati, «la Repubblica»
«Un romanzo prorompente che vi trascinerà nei bassifondi di Delhi».
The New York Times
«Giorni con un dilemma orribile: divorarlo o centellinare i capitoli per farlo durare?»
The Washington Post
Dal 28 marzo saranno disponibili, esclusivamente in eBook e al prezzo di 2,99 euro, i primi tre titoli della nuova collana «Criminali» di Einaudi Stile Libero.
Curata da Beniamino Vignola, raccoglierà storie vere, forti, a volte crude, veicolate attraverso cronache, reportage, biografie, atti processuali, racconti e romanzi brevi.
Sono testi agili che non superano le 100 pagine; opere spesso frutto di ricerche pazienti negli archivi o ingegnose invenzioni d'autore, che giocano tra il vero autentico pulp storico e la memorialistica a volte morbosa.
Ecco le prime tre uscite:
Havelock Ellis, Tipi criminali
Attraverso testimonianze, citazioni e lettere, Ellis ci offre un compendio ricco e dettagliato dei principali risultati dell’antropologia criminale. Una pietra miliare in un campo che, verso la fine dell'Ottocento, era ancora poco esplorato.
Anna Katharine Green, Il dottore, sua moglie e l’orologio
Un uomo ucciso a colpi di arma da fuoco nella sua stanza e un assassino scomparso nella notte senza lasciare tracce. A indagare sul delitto è Violet Strange, la prima donna detective nella storia del mystery. Un racconto dell'autrice americana che rese popolare il genere poliziesco con un decennio di anticipo su Conan Doyle e diventò un modello per molti scrittori a venire.
Eddie Guerin, Rapina all'American Express
Il resoconto autobiografico (da parte di uno che di mestiere faceva il ladro e non lo scrittore) di una sensazionale rapina all’American Express nei primi anni del Novecento, nonché della vita all’Île du Diable, dove Guerin fu deportato dai francesi quando lo pizzicarono e lo condannarono all'ergastolo, e della successiva, ancor più clamorosa fuga dal carcere.
Dopo questi primi tre lavori, seguiranno:
- Anna Katharine Green, La pagina tredici manca
- Mastro Titta, il boia di Roma. Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
- Chas Siringo, Billy the Kid. La sua storia
- Vite da briganti. Gasparone, Musolino, Tiburzi
- Allan Pinkerton, Il borseggiatore. Lezioni sull'iniziazione di un criminale professionista
- Harry Houdini, Il modo giusto di fare le cose sbagliate
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«Criminali», di Einaudi Stile Libero, curata da Beniamino Vignola, raccoglierà storie vere, forti, a volte crude, veicolate attraverso cronache, reportage, biografie, atti processuali, racconti, romanzi brevi. Testi agili, svelti, che non superano le 100 pagine; opere spesso frutto di ricerche pazienti negli archivi o ingegnose...pp. 78€ 2,99
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Il dottore, sua moglie e l’orologio
«Criminali», di Einaudi Stile Libero, curata da Beniamino Vignola, raccoglierà storie vere, forti, a volte crude, veicolate attraverso cronache, reportage, biografie, atti processuali, racconti, romanzi brevi. Testi agili, svelti, che non superano le 100 pagine; opere spesso frutto di ricerche pazienti negli archivi o ingegnose...pp. 68€ 9,99 -
Rapina all’American Express
«Criminali», di Einaudi Stile Libero, curata da Beniamino Vignola, raccoglierà storie vere, forti, a volte crude, veicolate attraverso cronache, reportage, biografie, atti processuali, racconti, romanzi brevi. Testi agili, svelti, che non superano le 100 pagine; opere spesso frutto di ricerche pazienti negli archivi o ingegnose...pp. 90€ 9,99
Caminito, il nuovo romanzo del maestro del giallo italiano Maurizio de Giovanni, segna il ritorno dell’amatissimo commissario Ricciardi. I lettori l’avevano incontrato l’ultima volta ne Il pianto dell’alba, uscito nel 2019, e in questi anni di assenza hanno potuto apprezzarne la trasposizione televisiva nella fiction Rai del 2021, diventata già un cult.
È il 1939, sono trascorsi cinque anni da quando l’esistenza di Ricciardi è stata improvvisamente sconvolta. E ora il vento d’odio che soffia sull’Europa rischia di spazzare via l’idea stessa di civiltà. Sull’orlo dell’abisso, l’unico punto fermo è il delitto. Fra i cespugli di un boschetto vengono ritrovati i cadaveri di due giovani, stavano facendo l’amore e qualcuno li ha brutalmente uccisi. Le ragioni dell’omicidio appaiono subito oscure; dietro il crimine si affaccia il fantasma della politica. Con l’aiuto del fidato Maione – in ansia per una questione di famiglia – Ricciardi dovrà a un tempo risolvere il caso e proteggere un caro amico che per amore della libertà rischia grosso. Intanto la figlia Marta cresce: ormai, per il commissario, è giunto il momento di scoprire se ha ereditato la sua dannazione, quella di vedere e sentire i morti.
«Caminito è più di un giallo. È un romanzo ricco di sorprese, trova energia nella profondità dell'anima letteraria dello scrittore napoletano. Un ritorno che danza in tre quarti, il tempo perfetto della musica nell'era classica. Le trame si intrecciano con ritmo impeccabile, per raccontare le pene e le speranze, sino a quando tutti i fili si ricompongono e cala il sipario».
Marco Zatterin, «tuttolibri - La Stampa»
«…Già da questi brevi accenni di trama si capisce che quello dell'indagine poliziesca è solo uno dei sentieri percorsi del romanzo. Le storie di Ricciardi non sono mai state solo casi da risolvere, ma un mondo dove tutto si muove assieme. E in questo romanzo del ritorno dell'amato commissario la dimensione corale è ancora più marcata. E proprio vero, non occorre chiedere il permesso per entrare nell'ufficio di Ricciardi. Neppure per sentirsi di casa tra storie e personaggi di de Giovanni».
Severino Colombo, «Corriere della Sera»
«Caminito è romanzo giallo, politico e d'amore, intriso della consueta umanità che De Giovanni sa infondere nei suoi personaggi, anche quelli "cattivi" come il capo della polizia politica di Napoli. La bella Livia, poi. Che dall'altra parte del mondo, canta il suo dolore con un tango. Caminito, appunto».
Fabrizio d'Esposito, «il Fatto Quotidiano»
«Se da un lato il registro dominante di questo anomalo poliziesco è quello della rilettura storica degli anni del fascismo, più intensamente degli altri romanzi della serie qui la scrittura di De Giovanni vibra di echi e di richiami alle memorie del passato, al tempo perduto, all'amore inespresso, al fluire della vita che trascorre e svanisce lasciandoci solo il suo senso inesplicabile. È il tempo, che unisce e separa, a rendere assurda e insensata ogni vicenda personale. A Ricciardi e alla sua sposa, così come ai due giovani uccisi nell'attimo in cui si giuravano amore eterno, è stata sottratta la felicità dopo averla promessa».
Santa Di Salvo, «Il Mattino»
«Romanzo che conferma quanto de Giovanni ami il suo personaggio al punto da sentirne palpitare cuore, pensieri, mille dubbi: per questo lo riconsegna ai suoi lettori più vivo che mai, più adulto, maturo, disilluso, non fermo nel tempo e identico a sé stesso mentre attorno accadono e continuano a verificarsi senza soluzione di continuità omicidi che solo lui, con il celebre dono del "Fatto" – ascoltare la voce dei morti assassinati negli ultimi istanti di vita – potrebbe risolvere».
Pier Luigi Razzano, «la Repubblica – Napoli»
«Quello che sembra importare sempre di più a de Giovanni è l'analisi e l'introspezione dei personaggi, delle loro storie, delle loro passioni. E se l'autore napoletano si conferma un appassionato tessitore di trame, anche la parte più "intima" del racconto gli è congeniale. Intanto, le ultime pagine lasciano aperta la strada: Ricciardi è tornato e non è affatto intenzionato ad abbandonare i suoi lettori».
Mirella Armiero, «Corriere del Mezzogiorno»
L’ultimo erede di una dinastia decaduta, i Cimamonte, si è ritirato a vivere nella villa da sempre appartenuta alla sua famiglia. La tenuta giganteggia su Vallorgàna, un piccolo e isolato paese di montagna. Il mondo intorno, il mondo di oggi, nel quale le nobili dinastie non importano piú a nessuno, sembra distante. L’ultimo dei Cimamonte è un giovane uomo solitario che in paese chiamano scherzosamente «il Duca».
Sospeso tra l’incredibile potere del luogo, il carico dei lavori manuali e le vecchie carte di famiglia si ritrova via via in una quiete paradossale, dorata, fuori dal tempo. Finché un giorno bussa alla sua porta Nelso, appena sceso dalla montagna. È lui a portargli la notizia: nei boschi della Val Fonda gli stanno rubando seicento quintali di legname. Inaspettatamente, risvegliato dalla smania del possesso, il sangue dei Cimamonte prende a ribollire.
Matteo Melchiorre ha costruito una storia tesissima ed epica sulla furia del potere, le leggi della natura e la libertà individuale. Un romanzo classico eppure nuovissimo, epico e politico, torrenziale e filosofico, che invita a riflettere sulla libertà delle scelte e la forza irresistibile del passato.
Un congegno narrativo dal quale è impossibile staccarsi che sta entusiasmando critica e mondo letterario:
«Ti prende, questa strana lingua, come il bosco che ti cresce intorno e non te ne accorgi».
Paolo Cognetti
«Lontanissimo dal realismo isterico, Il Duca appartiene a una variante più maestosa e sicura di sé del romanzo borghese: il romanzo nobile. Alla fine, con tanto di colpi di scena, si rivela un giallo […] Un libro formidabile, capace di entusiasmare per eleganza e compiutezza, nonché di far pensare che siano ancora vive o in buona salute, di certo raggiungibili, alcune delle cose perdute e impalpabili per cui, oggi, continuiamo a setacciare i romanzi: la voglia d'avventura, il freddo della montagna e la grandezza da cui non siamo stati lambiti».
Nicola H. Cosentino, «la Lettura – Corriere della Sera»
«Una prima persona sontuosa, implacabile. Con una tensione che non abita solo nei trucchi del mestiere, ma nel talento di produrre personaggi viventi. Leggerete di un Duca Don Quijote che ha in Nelso, il suo Sancho […] Bisogna comprarlo perché ci riconcilia col mestiere dello scrittore e ce lo fa sembrare un atto indispensabile per la nostra crescita».
Marcello Fois, «tuttolibri – La Stampa»
«Siamo davanti ad un romanzo pazzeschissimo. Io gli darei lo Strega. Adesso. Subito».
Luciana Littizzatto, link
«Melchiorre ha una tecnica narrativa meravigliosamente efficace e raffinata […] Cercando di definire che cosa ci emoziona quando si troviamo davanti a un capolavoro, Borges suggerisce che possa trattarsi dell'"imminenza di una rivelazione che non ha luogo". Il romanzo di Melchiorre conferma questa brillante intuizione».
Alberto Manguel, «Robinson – la Repubblica»
«Il Duca è pervaso da una forza nera».
Marco Missiroli
«Melchiorre rinnova la tradizione del romanzo storico italiano, da Manzoni a Eco: quello che il Duca scoprirà è la somiglianza degli esseri umani, nell'essere vittime e carnefici della storia, e un meraviglioso senso di pace che può darci la contemplazione della natura mentre assiste alle nostre piccole vicende».
Christian Raimo, «L’Essenziale»
«Mario Fastréda è un cattivo diverso dal solito, un antagonista dal destino imprevedibile, un duellante come non se n'erano mai visti. Un personaggio che, insieme al Duca, lascerà il segno nella nostra letteratura».
Tiziano Scarpa, «Domani»
«Matteo Melchiorre è uno scrittore che scuote e ispira perché è uno storico che lavora sulle fonti con tutto il corpo, un geografo che calca la mappa con gli scarponi e le cui intuizioni non mancano mai di sorprendere, un medium che evoca i fantasmi del territorio e li raduna a convegno. Fantasmi di confini, fantasmi di conflitti, fantasmi di paesaggi scomparsi o trasfigurati. Seguiamo il suo lavoro da molti anni, non come si segue un collega, ma come si segue dal versante di un monte il percorso di un viandante sul monte di fronte. Ogni tanto entra nel bosco e lo perdi di vista, ma sai che lo vedrai riapparire al prossimo tratto scoperto, e sai che presto lo incontrerai, in quella zona dove i nostri sentieri si uniranno, là dove l'archivio è la strada, e la strada è l'archivio».
Wu Ming
Sharon, detta Sharo, è una ragazza di borgata come tante, con sogni nemmeno troppo grandi. È bionda, alta, magra e ha la faccia sempre imbronciata; non una bellezza classica, eppure attira gli uomini come il miele le mosche. Cresciuta alle Torri, nella periferia romana, ha sopportato a testa bassa una vita più dura del dovuto.
Vive con la madre invalida e ha bruciato un bel po’ di lavoretti precari sempre per la stessa ragione: le mani lunghe dei capi. Poi una misteriosa consegna portata a termine per conto del fidanzato, un piccolo balordo, cambia la sua esistenza. Con la protezione di un annoiato aristocratico, Sharo inizia la sua irresistibile ascesa criminale. Ma la mala che conta, quella che controlla il mercato della droga, si accorge di lei e comincia a tenerla d’occhio, a guardarla con rispetto, con timore, con odio.
Lí, in quell’ambiente, nella zona oscura della città, nessuno la chiama piú con il suo nome. Per tutti è la Svedese.
Andò a dormire stringendo lo zainetto e il suo prezioso contenuto. Prima di sprofondare nel dormiveglia, accompagnata da Eggy, un ultimo pensiero: cinque sacchi, cosí, puff! Maurizio Crosetti, «la Repubblica»
«La Svedese è una ragazza, mi sono sforzato di pensare come lei, e come i tanti che hanno vissuto in una bolla di disagio, insofferenza, antagonismo. Mi sono sforzato di vederla come quei ragazzi e quei disagiati che non potevano permettersi i duecento metri quadrati in centro, il posto fisso, il ristorante gourmet d'asporto. E ho chiesto alla Svedese di comunicarmi la sua rabbia, il suo impeto, la sua freschezza e la sua astuzia. Così la Svedese è diventata la protagonista di un'ascesa criminale nei giorni della pandemia, muovendo dalla sua immaginaria borgata alla conquista del centro».
Giancarlo De Cataldo, «tuttolibri – La Stampa»
«Il nuovo romanzo di Giancarlo De CaItaldo si beve come una birra ghiacciata quando fa caldo, ma contiene tutto: la lotta di classe, le nuove droghe, il virus, il potere. Più che a un romanzo, però, assomiglia al primo episodio di una serie. Non è un caso, perché la fine della fine è tra le novità più interessanti della narrativa d'azione degli ultimi anni: nell'impossibilità di ricavare una morale dalla storia, scoprire il colpevole e ridare un ordine al mondo frantumato dall'irruzione del male, la narrazione tende a prolungarsi all'infinito, moltiplicando attenzione e consumo, come nei serial tv […] La Svedese è un romanzo di formazione criminale in un mondo in cui, per i poveri, il crimine sembra tornato a essere l'unico romanzo possibile».
Giacomo Papi, «la Repubblica»
«Quando sostituisce Fabio investito e azzoppato da un'auto pirata, nella consegna porta a porta di vari stupefacenti, Sharon detta Sharo, a contatto con un mondo annoiato, viziato e prepotente, cambia rotta e diventa La Svedese. E fascino e senso spietato degli affari si fondono nella sua ammaliante bellezza».
Francesco Mannoni, «Il Mattino»
«Impossibile non affezionarsi alla protagonista dell'ultimo noir del magistrato che scrive i best seller criminali più raffinati: Sharon detta Sharo è una donna magnetica che sa ottenere rispetto. Anche dalla mala romana».
«Vanity Fair»
Il vicequestore Giovanna, detta Vanina, Guarrasi è stata trasferita alla mobile di Catania a 39 anni. A Palermo, la sua città, lascia il ricordo di suo padre, ucciso dalla mafia, e un amore doloroso.
Tra queste due città si svolgono i romanzi che la vedono protagonista: storie di indagini che mettono alla prova «l'acume, la tenacia e la fantasia di una grande poliziotta». Sullo sfondo di queste indagini si staglia l’immagine di una Sicilia viva, con tutte le sue bellezze e le sue contraddizioni.
Nella mappa qui sotto potete esplorare e scoprire alcuni dei luoghi più iconici delle storie di Cristina Cassar Scalia. Utile anche per le vostre vacanze a tema letterario.
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Il Re del gelato
«Prima di Sabbia nera Vanina era a Catania già da un anno e aveva risolto altri casi. Ho pensato di raccontarvene uno».
Cristina Cassar Scalia
Arrivata da poco a Catania, Vanina sta facendo conoscenza con la città quando le piomba addosso un caso delicato, di quelli...pp. 144€ 16,00 -
Sabbia nera
«La vicequestora Giovanna Guarrasi, detta Vanina, ha l'acume, la tenacia e la fantasia di una grande poliziotta».
Giancarlo De Cataldo
«Una storia secca, ritmica, scandita, che ti avvolge e ti stritola pagina dopo pagina, sospesa sul ponte instabile tra un passato che non vuole saperne di...pp. 400€ 14,00 -
La logica della lampara
Un caso scabroso che richiede la cautela e la pazienza dei pescatori alla luce della lampara: come loro, il vicequestore Guarrasi sa bene che per far venire a galla i pesci bisogna aspettare, senza stancarsi.
«La logica della lampara è un meccanismo oliato alla perfezione».
«la Repubblica»pp. 384€ 14,00 -
La Salita dei Saponari
Solo un caso molto complesso può distogliere il vicequestore Vanina Guarrasi dalla caccia ai propri fantasmi e riportarla in azione. Anzi, qualcosa di piú di un caso: un intrigo internazionale all'ombra dell'Etna.
«Cinefila accanita, buongustaia senza sensi di colpa, Vanina è una sbirra all'antica animata da...pp. 312€ 13,00 -
L’uomo del porto
Catania. Nella grotta di un fiume sotterraneo usata come saletta da un locale molto noto viene ritrovato il cadavere di un uomo: lo hanno accoltellato. Una brutta faccenda su cui dovrà fare luce il vicequestore Vanina Guarrasi che, come se non bastasse, da qualche settimana...pp. 328€ 18,50 -
Il talento del cappellano
Un cadavere che scompare, poi riappare. Un duplice omicidio accompagnato da una macabra messinscena. Con il Capodanno alle porte, pasticcio peggiore non poteva capitare al vicequestore Vanina Guarrasi. Se poi una delle vittime è un prete, il caso diventa ancora piú spinoso.pp. 320€ 18,00 -
La carrozza della Santa
La notizia di un omicidio scuote Catania, gelando gli utimi entusiasmi della piú sentita ricorrenza cittadina. Mentre nell'aria si avverte ancora l'odore acre dei fuochi d'artificio, Vanina Guarrasi è alle prese con un caso che fa scalpore.pp. 288€ 13,00 -
La banda dei carusi
Da quando si è trasferita sotto l'Etna, al vicequestore Vanina Guarrasi non era mai successo di lasciarsi coinvolgere tanto da un caso. Ma ora il brutale omicidio su cui deve indagare è quasi un fatto personale. Per lei, per la sua squadra e per un...pp. 296€ 18,50
Penelope Spada è un ex PM milanese che per motivi oscuri ha dovuto lasciare la magistratura. Ora vive conducendo indagini per conto di privati, senza essere in possesso di alcuna licenza investigativa. «Nel suo passato c'è una lesione e anche nel presente narrativo ci sono elementi contraddittori, come la combinazione tra sport e abitudini malsane. Ha una dimensione etica fortissima che coesiste con un'altrettanto forte propensione a violare le regole. Rimbalza tra estremi e lo ammette chiaramente: voleva fare lo sbirro ma voleva anche l'autonomia del pubblico ministero» (Gianrico Carofiglio intervistato da Stefania Parmeggiani, «la Repubblica»).
Una mattina si presenta da lei Marina Leonardi: vuole che faccia chiarezza sulla morte del padre, archiviata tempo prima come decesso per cause naturali. La donna crede che sia stato ammazzato.
Vittorio Leonardi, chirurgo, professore universitario, parlamentare per una legislatura, dopo aver divorziato si è sposato con una donna molto più giovane di lui, cui ha lasciato la gran parte del cospicuo patrimonio; poco prima di morire aveva però espresso verbalmente al notaio la volontà di modificare il testamento.
Il caso riporta Penelope a un passato che voleva dimenticare, ma le offre anche l’occasione per riallacciare i fili sospesi della propria esistenza.
«Come la sabbia nella clessidra, anche la vicenda di Penelope scorre inesorabile verso la resa dei conti, guidata da "una quieta e implacabile entropia in azione". Quieta e implacabile è anche la scrittura di Carofiglio, scarna e precisa come chi sa quanto sia forte il potere delle parole e la responsabilità di usarle» (Raffaella Silipo, «tuttolibri – La Stampa»).
Gianrico Carofiglio ci consegna un’avventura umana che va ben oltre gli stilemi del genere; e un personaggio epico, dolente, magnifico: «Nel mio giallo atipico il risultato narrativo è l'esito di una combinazione di tante storie di persone molto diverse tra loro, che offrono uno squarcio, un brandello di riflessione sulla condizione umana» (Gianrico Carofiglio intervistato da Francesco Mannoni, «Il Mattino»).
Rancore è «una storia di colpa e redenzione, e una riflessione sul potere salvifico delle parole, quelle che sgorgano, finalmente, a svelare la propria verità» (Maria Grazia Ligato, «Io Donna»).
Con Il talento del cappellano torna nelle librerie il vicequestore Vanina Guarrasi, l'amato personaggio di Cristina Cassar Scalia, astro nascente del crime italiano.
In una notte di neve, il custode di un vecchio albergo in ristrutturazione alle pendici dell’Etna scopre il cadavere di una donna. Quando però i poliziotti della Mobile di Catania arrivano sul posto, del corpo non vi è più traccia. Poche ore dopo viene ritrovato nel cimitero di Santo Stefano, proprio il paese dove abita la Guarrasi, al fianco di un uomo disteso, un monsignore conosciuto e stimato; entrambi sono stati uccisi. Particolari inquietanti circondano la scena: qualcuno ha disposto intorno ai due corpi fiori, lumini e addobbi.
Il mistero si dimostra parecchio complesso, oltre che delicato, perché i conti, in questa storia, non vogliono mai tornare, un po’ come nella vita di Vanina. Con il Capodanno alle porte, pasticcio peggiore non poteva capitare e l’aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè può risultare al solito determinante.
«Con una scrittura avvolgente e ironica, impastata con la lingua siciliana che abbiamo imparato a conoscere e amare nei romanzi gialli di Andrea Camilleri, Cristina Cassar Scalia, giallista italiana tra le più amate, ci conduce nelle atmosfere opulente di una terra magnifica attraverso una indagine incalzante che non si accontenta di esaminare al microscopio il recente passato delle vittime e degli ipotetici assassini ma scandaglia in profondità il passato di tutti i personaggi coinvolti alla ricerca dell'indizio nascosto, della pista insospettabile» (Gabriella Genisi, «tuttolibri – La Stampa»).
Il duplice delitto costringe Vanina a scavare nel passato delle vittime, pagine intense che mostrano al lettore uno spaccato di storia della vita siciliana: «Approfitto sempre delle storie che racconto per ricordare anche un po' del tempo andato. Stavolta ricordo la terribile escalation della mafia siciliana che ha avuto il suo culmine estremo in stragi come quella di Capaci. Uso spesso l'escamotage della cronaca per far narrare a Patanè pezzi del nostro passato» (Cristina Cassar Scalia intervistata da Francesco Mannoni, «Il Mattino»).
Il caso è spinoso e spinge il vicequestore a non lasciare nessuna pista in sospeso, a soffermarsi su ogni indizio, ad ascoltare ogni storia: «C'è tanto di me in Vanina […] Ci accomuna il modo di svolgere le nostre faccende professionali: essendo io medico, sono molto attenta agli indizi che mi servono per elaborare la diagnosi. Cerco sempre di andare più a fondo, di sviscerare il più possibile ciò che mi viene detto. Allo stesso modo Vanina deve indagare, scoprire per arrivare alla soluzione» (Cristina Cassar Scalia intervistata da Francesca Bolino, «la Repubblica - Torino»).
Un treno partito da Tokyo e lanciato a trecento all’ora nella campagna giapponese. Una valigia piena di soldi nascosta in una delle carrozze. E sette assassini pronti a entrare in azione: «È il set del romanzo I sette killer dello Shinkansen del giapponese Isaka Kotaro, maestro del crime. E lo dimostra già dalle prime pagine: negli stessi vagoni, per un motivo che al lettore resta oscuro fino all'ultimo, lo scrittore fa viaggiare coppie di assassini, quattordicenni psicopatici, sgherri della malavita nipponica, padri alcolizzati. Non è un caso che il "thriller sparatissimo", come recita la frase di accompagnamento, stia per diventare un film con Brad Pitt, Lady Gaga e Sandra Bullock» (Annachiara Sacchi - «la Lettura – Corriere della Sera»).
Il giovane Oji, Nanao (a suo dire l’assassino più sfigato del mondo) e gli altri protagonisti danno vita ad un thriller in cui tensione e adrenalina si susseguono fino all’ultimo; per il Times «una miscela di Tarantino e fratelli Coen».
Dialoghi surreali, colpi di scena, una trama che non dà respiro al lettore… Isaka ha creato un romanzo che è «sopraffino intrattenimento. Esilarante e truculento da sembrare un fumetto, veloce come un videogame, ironico, surreale nei dialoghi e parecchio sanguinario» (Annachiara Sacchi - «la Lettura – Corriere della Sera»).
Ho scritto I sette killer dello Shinkansen concentrandomi sull'elemento del divertimento. È questa la forza di gravità del romanzo. Isaka Kotaro
Ma è così facile nascondere una valigia zeppa di soldi in un treno? «Per questo aspetto della trama mi sono fatto aiutare da un redattore. L'ho fatto salire sullo Shinkansen e gli ho chiesto di aprire tutti gli spazi in cui si poteva immaginare di inserire o poggiare oggetti come una borsa. Facendogli scattare fotografie. Chissà cosa avranno pensato i controllori» (Isaka Kotaro intervistato da Giuliano Aluffi, «il venerdì – la Repubblica»).
Il film tratto dal romanzo di Isaka si intitolerà Bullet Train e uscirà nel 2022. Sarà diretto da David Leitch, già regista di Atomica bionda e Deadpool 2; nel cast ci saranno molte celebrità: i già menzionati Brad Pitt, Lady Gaga e Sandra Bullock verranno affiancati da Joey King, Aaron Taylor-Johnson, Andrew Koji e Michael Shannon.