L’arte di legare le persone
«In questo libro che sembra una preghiera umanissima all'amore verso di sé, Paolo Milone muove tutta l'umanità e l'intimità di un medico che vive tenendo tra le mani il dolore degli altri...»
Annalena Benini...
La Malnata è il primo romanzo di Beatrice Salvioni, già vincitrice nel 2021 del Premio Calvino racconti. È la storia di due ragazzine molto diverse tra loro e di un’amicizia indimenticabile nell'Italia del fascismo.
Il libro è diventato fin da subito un caso letterario e ha incantato gli editori di tutto il mondo: l’edizione italiana è uscita in concomitanza a quella francese, spagnola, bulgara, olandese, slovacca, romena e svedese. Attualmente è tradotto, o in corso di traduzione, in più di 30 lingue e arriverà anche negli Stati Uniti e in Germania.
Monza, marzo 1936: sulla riva del Lambro, due ragazzine cercano di nascondere il cadavere di un uomo che ha appuntata sulla camicia una spilla con il fascio e il tricolore. Sono sconvolte e semisvestite. È Francesca a raccontare in prima persona la storia che le ha condotte fino a lì. Dodicenne perbene di famiglia borghese, ogni giorno spia dal ponte una ragazza che gioca assieme ai maschi nel fiume, con i piedi nudi e la gonna sollevata, le gambe graffiate e sporche di fango. Sogna di diventare sua amica, nonostante tutti in città la considerino una che scaglia maledizioni, e la disprezzino chiamandola Malnata. Ma quella sua aria decisa, l’aria di una che non ha paura di niente, la affascina. Sarà il furto delle ciliegie, la sua prima bugia, a farle diventare amiche. Sullo sfondo della guerra di Abissinia, del dolore per la perdita e degli scompigli dell’adolescenza, Francesca impara con lei a denunciare la sopraffazione e l’abuso di potere, soprattutto quello maschile, nonostante la riprovazione della comunità.
La Malnata è un coinvolgente romanzo di formazione che sta conquistando anche il pubblico italiano e la critica:
«La protagonista “nata male”, che vediamo muoversi anzi scatenarsi nel racconto, è una minuscola incarnazione dell’inferno. Una di quelle scomode presenze che nel Medioevo verrebbero piazzate sul rogo […] Maddalena è un personaggio solido e caldo, che emerge dalle pagine con un respiro quasi percepibile in maniera concreta».
Leonetta Bentivoglio, «la Repubblica»
«La Malnata è, come L'amica geniale, un Bildungsroman e un inno all'amicizia e al suo potere dirompente».
Valentina Berengo, «Il Foglio»
«La Malnata, questo romanzo potente, crudele, scritto con una maestria che ha del vertiginoso, ci racconta cose serissime, mostrandoci il mondo degli adulti attraverso gli occhi neri di una ragazzina, piccoli e duri come una pietra scagliata contro il nemico».
Cristina De Stefano, «Elle»
«Ha un incipit sconvolgente ed è una storia di formazione e di amicizia che non risparmia il dolore e non nasconde le debolezze, la paura di schierarsi dalla parte di chi crede di essere il prescelto e perciò nel giusto. Francesca tentenna tra la libertà e la conformità, tra i pregiudizi della società che l'accoglie ma che poi le volta le spalle quando decide di scegliere la strada che ritiene giusta: l'amicizia al fianco della Malnata».
Isabella Fava, «Donna Moderna»
«La giovane scrittrice costruisce con voce inedita e convincente una vicenda di formazione personale e civile, dà vita a un affresco di personaggi dai toni chiaroscuri e a un ben oliato congegno narrativo, connotato da una scrittura affilata e dall'efficacia dei dialoghi».
Marzia Fontana, «Corriere della Sera»
«Attraverso le due amiche l'autrice racconta un popolo succube, un'Italia percorsa da grandi ambizioni ma con modesti risultati e brucianti sfaceli».
Francesco Mannoni, «Il Mattino»
«La Malnata, opera prima di Beatrice Salvioni, è tanti romanzi insieme. È la storia di un'amicizia tra due bambine che stanno per diventare donne, anzi femmine; è il racconto di uno spaccato sociale e politico dell’Italia degli anni Trenta in cui la violenza è alimentata dall'ipocrisia, quella dei piccoli paesi in cui dicerie e pregiudizi sono fonti di informazione qualificate. Ma è soprattutto un’indagine condotta sulle apparenze. Un “reportage”, in narrativa, su un pezzo della nostra storia che andrebbe dimenticato e raccontato allo stesso tempo, per quanto fa male, per quanto è necessario».
Marco Onnembo, «Domenica – Il Sole 24 Ore»
«Un romanzo potente che comincia con uno stupro sul greto del fiume e racconta la difficoltà di essere donna in un mondo sessista, ma anche come un’amicizia aiuti a opporsi all’ingiustizia. L’autrice, diplomata alla scuola Holden, ha una potente vocazione al racconto e nel 2021 ha vinto il Premio Calvino».
Brunella Schisa, «il venerdì – la Repubblica»
«È una storia vicina, ambientata in un fatto lontano ma irrisolto, quindi sempre presente: il fascismo. Salvioni ha usato il fascismo per vedere meglio il presente».
Simonetta Sciandivasci, «La Stampa»
«Questo romanzo si fa voler bene e Maddalena entra nella testa della gente per non uscirne più, come dice uno dei personaggi».
Carlotta Vissani, «il Fatto Quotidiano»
Dal 26 aprile debutta «beginners», il nuovo appuntamento in diretta su Facebook e sul canale YouTube della Casa editrice, ogni lunedì alle 18.30. I nuovi esordienti Einaudi, presentati dall'editor che ha lavorato con loro sin dalle prime bozze, dialogheranno con autori e autrici già affermati che hanno particolarmente apprezzato il libro.
Un progetto per costruire e raccontare il futuro della Casa editrice, un'iniziativa dedicata alle nuove voci del nostro catalogo.
«Proprio chi ha una storia come la nostra è più votato a pensare al domani, a costruire il futuro.
E cos'è il futuro di una casa editrice se non i propri esordienti, chi comincia la propria carriera, chi inizia?
È per loro, e per il nostro futuro, che abbiamo ideato “beginners”».
Ernesto Franco, direttore editoriale
Ecco i primi «beginners»:
- Lunedì 26 aprile Paolo Milone (L’arte di legare le persone) con Marco Missiroli e Paola Gallo.
- Lunedì 3 maggio (Il venditore di rose) Dario Sardelli con Serena Dandini e Francesco Colombo.
- A seguire: Stefano De Bellis ed Edgardo Fiorillo, Martina Merletti e Nicoletta Verna…
Per tutti gli aggiornamenti consulta la pagina Facebook Einaudi
Menzione Speciale della Giuria al Premio Calvino 2020, Il valore affettivo è il libro d’esordio di Nicoletta Verna. L’autrice scrive un indimenticabile romanzo familiare, nel quale una giovane donna cerca ostinatamente una forma di redenzione.
L'esistenza di Bianca si è sbriciolata il giorno in cui, da bambina, ha perduto sua sorella. Stella era pura, onesta, e manteneva le promesse. Ecco perché la sua scomparsa ha macchiato il mondo di colpa. L’incidente dai contorni incerti ha innescato nella sua vita una reazione a catena, che non ha risparmiato nulla. Oggi sta con Carlo, cardiochirurgo di fama internazionale, e all’apparenza lo venera. Ma tanta devozione, in realtà, nasconde un piano macchinoso, folle: un progetto di rinascita in cui l’uomo è un mero strumento.
Il valore affettivo sta ricevendo una straordinaria accoglienza da parte della critica. Ecco alcuni estratti:
«E voi dove li sotterrate i ricordi tossici, le scorie emotive, i giorni da dimenticare? Bianca, la protagonista di Il valore affettivo, splendido esordio di Nicoletta Verna, ha sviluppato una speciale sensibilità per sbarazzarsi dei rifiuti, elevando la raccolta differenziata a certosina regola di vita. Anche se, di quello che le fa più male, non può e non potrà forse mai liberarsi. E quel dolore sordo e continuo, come un giro di basso della sua esistenza, ha radici lontane che affondano nell'infanzia. La scomparsa della amatissima sorella maggiore, Stella, che fa deflagrare l'intero nucleo familiare come un bicchiere di cristallo sotto una pressa. E le sue schegge restano infitte nel cuore di ciascuno. […] Noi restiamo al suo fianco ad ogni passo, per scoprire insieme a lei che quello che ci resta, alla fine, è solo quello che non abbiamo voluto lasciare andare».
Viola Ardone, «tuttolibri – La Stampa»
«Nicoletta Verna ha scritto un romanzo familiare di rara intensità che affonda nell'enigma di un sentimento di colpa senza redenzione. La storia è narrata con una lingua limpida, semplice eppure pregnante, arricchita da accostamenti imprevedibili, repentini scarti di senso che gettano sugli eventi un'illuminante luce obliqua».
Corrado Augias, «il venerdì – la Repubblica»
«C'è una coerenza navigata nella struttura. La prosa asciutta e solida non ha mai le incertezze di un'opera prima. Quando Stella muore (solo nelle ultime pagine scopriremo la verità sulla "disgrazia"), la sua famiglia si disgrega. Il padre non sopporta l'affossarsi psichico della moglie e dalla Brianza fugge in Svizzera. Bianca, che per natura è bellissima, fa la starlette in tivù con radicale indifferenza rispetto al proprio ruolo. Poi incontra il cardiochirurgo Carlo e lo seduce in vista di un progetto. Lo prende in pieno con la sua acquiescenza poiché lo percepisce come un ottimo patrimonio genetico. Per connettersi a Carlo e imprigionarne l'utilità del seme, Bianca si trasferisce a Roma. Gli sta accanto per rendersi madre di una nuova Stella che potrebbe riparare l'enormità del danno commesso o subito.
Nel frattempo la sua espiazione si concentra sul controllo dei rifiuti. In lei l'anestesia delle emozioni si proietta nel differenziare ciò che converge nelle più ripugnanti spazzature. Il quadro dettagliato di questa sua maniacalità è l'elemento più visionario e originale del racconto. Ha un effetto forte, sul lettore, contemplare una fata lussuosa che s'infila nei cassonetti. […] C’è molta spiritualità compressa nel suo povero e meraviglioso corpo senza pace».
Leonetta Bentivoglio, «Robinson – la Repubblica»
«Bianca e il suo passato famigliare da buttare, come tutti i rifiuti che si ostina a catalogare con perizia ossessiva. Ossessivo è pure il tentativo divorante di dare una ricostruzione alla morte inaspettata della sorella, deflagrante per tutta la famiglia. Bianca fa coppia con Carlo ora, cardiochirurgo stimato, per lei solo un tassello prezioso per un suo distorto piano di resurrezione. Tutto è scoria. Tutto è da buttare. Solo quel progetto può restituirle la vita. Questo romanzo d’esordio è una bomba. Bum! “Non è che fossi triste: quello che sentivo non era il contrario della felicità, era il contrario della vita”».
Luciana Littizzetto, link
«Una giovane e bellissima donna oppressa dai sensi di colpa per la morte della sorella, e con un piano folle per farla rivivere. È il romanzo sorprendente di Nicoletta Verna. Che si fa fatica a ritenere un esordio».
Francesca Marani, «il venerdì – la Repubblica»
«Il libro di esordio di Nicoletta Verna, Il valore affettivo, pubblicato da Einaudi, ha una grande strada davanti. Perché si affaccia al mondo editoriale con sapienza, menzionato in un prestigioso premio letterario, e perché pare uscire da una penna che controlla perfettamente trama e personaggi. È una storia molto toccante, quella di Bianca, che ha perduto da piccina la sorella e ci accompagna lungo due traiettorie: la vita che le accade, con una Roma bella, fatta di terrazze e vino buono, in cui vive con suo marito Carlo, famoso cardiochirurgo, e una traccia sotterranea che si svela a poco a poco e che racconta sia della tragedia infantile sia di un proposito da compiersi».
Valeria Parrella, «Grazia»
Quante volte parliamo dei medici come di eroi, martiri, vittime… In verità, fuor di retorica, uomini e donne esposti al male. Appassionati e fragili, fallibili, mortali. Paolo Milone ha lavorato per quarant’anni in Psichiatria d’urgenza, e ci racconta esattamente questo. Nudo e pungente, senza farsi sconti. Con una musica tutta sua ci catapulta dentro il Reparto 77, dove il mistero della malattia mentale convive con la quotidianità umanissima di chi, a fine turno, deve togliersi il camice e ricordarsi di comprare il latte.
Quello di Milone è un esordio straordinario, come è straordinaria l’accoglienza che sta ricevendo da parte della critica e del mondo letterario. Di seguito alcuni estratti:
«L’arte di legare le persone di Paolo Milone mi ha stecchito. Che accidenti di libro. Ti porta dentro un mondo, quello della malattia psichica, del dolore insensato, che sembra opaco e impermeabile: invece Milone te lo spiega con pagine che sembrano canzoni belle, racconti di Carver, poesia. È un libro che fa venir voglia di mollare tutto, cambiare vita, fare qualcosa di utile per gli altri. Se lo avessi letto a diciotto anni, invece di leggere e rileggere Nietzsche, forse avrei fatto la psichiatra.
Dicono che gli psichiatri siano tutti matti. Non so se Paolo Milone sia matto ma sicuramente è uno scrittore molto bravo. L’arte di legare le persone racconta cosa vuol dire sentire il dolore degli altri e cercare di farci qualcosa. Spiega che anche quando non puoi farci niente devi esserci. Che le parole servono poco, i fatti molto. È un grandissimo libro. Complimenti gente di Einaudi».
Daria Bignardi, link
«In questo libro che sembra un diario, con una forma libera e poetica che a volte sembra una preghiera umanissima all’amore verso di sé, a volte il ricordo di una notte passata a impedire a una ragazza di buttarsi dalla finestra, Paolo Milone muove tutta l’umanità e l’intimità di un medico che vive tenendo tra le mani il dolore degli altri…»
Annalena Benini, «Il Foglio»
«L'arte di legare le persone è un’opera letteraria sulla malattia mentale tra le più belle, inusuali e poetiche degli ultimi anni. Pura emozione, intuizioni non banali, qualche provocazione, non ci si annoia mai. Un libro unico nel panorama italiano. Per forma, oggetto di scavo, capacità di indagine, arte del paradosso. Se ho citato Spoon River l'ho anche fatto con spirito provocatorio poiché, in questa ballata del mare salato, da quale regno escano i vivi e da quale i morti non è mai del tutto chiaro».
Nicola Lagioia, «Robinson – la Repubblica»
«Non è un romanzo, non è un saggio, è una storia che contiene noi stessi. Custodisce gli esseri umani per come vengono al mondo: c’è chi cura, chi è curato, chi rimane nel mezzo, chi lega e chi è legato. Leggerlo è come salire su una zattera e avere il coraggio di oltrepassare le colonne d’Ercole per vedere come siamo fatti, laddove ci consideriamo inesplorabili. Paolo Milone ce lo permette e lo fa con un mosaico emotivo che respira di verità dalla prima all’ultima pagina. Alla fine della lettura era commozione. Era spavento, stupore, fastidio, tenerezza. Era compassione. Alla fine della lettura, ho vissuto. È questo, per me L’arte di legare le persone è questo. Un’anatomia della vita».
Marco Missiroli
«Milone, con gli occhi di un protagonista di finzione ispirato a se stesso, racconta la routine del Reparto di psichiatria d'urgenza in un ospedale genovese e ci fa conoscere Lucrezia che ha 20 anni e si taglia con le lamette e Carmelo, che farebbe di tutto per comprarsi la dose. Il risultato è un libro delicato e sincero che sta riscuotendo consensi online con il passaparola, "parlando delle nevrosi senza scivolare nel politicamente corretto"».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»
“Con una scrittura che ha il passo della poesia, la stoffa del coraggio e l'intensità del mettersi a nudo, Milone ci porta per mano nel suo reparto, tra urla perforanti e silenzi assordanti, scalpiccii notturni, sedie spostate, la macchinetta del caffè che gorgoglia nella stanza infermieri, fruscio di lenzuola. […] Se ne esce col cuore felicemente crepato perché ogni istantanea è struggente umanità e salvifica lucidità, pugno e carezza, ferita e sutura, vita e morte insieme».
Carlotta Vissani, «il Fatto Quotidiano»