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È il 27 dicembre 1908. Nicola ha undici anni, vive a Reggio Calabria e sta per addormentarsi nel suo catafalco, in cantina, legato con le funi della Madonna di Messina che si diceva avessero proprietà magiche. La madre, una donna prepotente e capricciosa, lo vuole sottrarre al diavolo e il bambino obbedisce senza protestare, assecondando ogni sua pretesa.
Barbara invece è dall’altra parte del mare, a Messina, arrivata in treno dalla nonna per vedere l’Aida. Sogna una fuga dal padre e non vuole sposare l'uomo «brutto e stupido» scelto per lei. Non vuole essere rinchiusa nella sua casa.
«Un attimo prima di voltare le spalle alla notte, il mare si mosse» e il più devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo le due città.
Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma più somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.
Trema la notte è un romanzo potente, intimo, doloroso e pieno di speranza, che sta entusiasmando la critica:
«In Trema la notte c'è fame di vita. E c'è una scrittrice che ha trovato la voce perfetta e levigata di due figure cariche di umanità, di rabbia e di grazia. Un libro magnifico».
Stefania Auci
«Nadia Terranova racconta di superstiti, di donne che fanno comunità, di famiglie senza sangue e di scrittrici senza tomba; di certezze e di orizzonti che tremano».
Giulia Caminito
«Nadia Terranova ha avuto in questo libro il coraggio di allontanarsi dalla scrittura delle sue opere precedenti per arrivare a una mimesi perfetta della lingua di una giovane del primo '900. È una lingua che suona allo stesso tempo antica e moderna, spiazza il lettore nell'incipit, ma poi subito lo prende dentro portandolo in stretto contatto con i personaggi e i loro posti di sciagure e bellezza».
Donatella Di Pietrantonio, «tuttolibri – La Stampa»
«Nadia Terranova racconta due vite a partire dalla vigilia del giorno in cui "il mare si mosse". Dal 27 dicembre del 1908, quando un bambino va a dormire a Reggio Calabria, una ragazza è a teatro con sua nonna a vedere l'Aida, a Messina. Poi, un momento prima di voltare le spalle alla notte, la libertà che entrambi sognavano, la ribellione che progettavano, si presenta vestita da baratro. Trema la notte - il romanzo – diventa allora una camera a spalla sull'apocalisse. Un piano sequenza sul terremoto che rade al suolo due città, decine di migliaia di vite ma non quelle di Nicola e Barbara».
Concita De Gregorio, «la Repubblica»
«La prima parte del romanzo rivela le macerie, che in senso trasfigurato potrebbero anche farci pensare alle macerie collettive con cui l'umanità sta facendo i suoi conti in questi giorni […] Ma la seconda parte del romanzo è dedicata al senso profondo della speranza».
Valeria Parrella, «Grazia»
«Terranova sa usare parole precise per dipingere le sfumature che si agitano nell'animo dei suoi personaggi; conosce perfettamente le contraddizioni dei desideri e della volontà; le contraddizioni dell'amore. Ma sa che per mettere in moto un cambiamento c'è bisogno di una spinta radicale».
Gaia Manzini, «Il Foglio»
«Nadia Terranova consegna un libro potente, profondo come lo sono le viscere in cui ci accompagna, a un tempo documentato su ciò che è avvenuto in quei giorni di apocalisse terrestre e generativo di alleanze. Tante e tali sono le sincronicità che lei stessa, con sapienza, cuce al dritto e al rovescio per descrivere il congedo improvviso di un mondo che ne restituisce un altro inimmaginabile ma con cui ci si deve confrontare».
Alessandra Pigliaru, «il manifesto»
«Due grandi e contagiosi maestri: il pirotecnico Vincenzo Consolo da un lato, e il sinuoso, ipnotico Gesualdo Bufalino dall'altro».
Emanuele Trevi, «Corriere della Sera»
«Prendendo spunto dalla più grande catastrofe sismica d'Europa, l'autrice riesce a firmare, in definitiva, un potente inno alla vita».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»
«Un viaggio nel tempo sulla cresta di una scrittura elegante nella sua vividezza».
Nadeesha Uyangoda, «Internazionale»
«Un romanzo dolce e feroce, bellissimo, fatto di sguardi che affiorano sulle pagine mostrando percorsi labirintici. Si parla di famiglie, di libertà, di violenza, di sofferenza, di sopraffazione e riscatto. Di donne, che sanno sempre salvarsi da sole. E della Luna, uno dei personaggi di questo sensuale e materno romanzo sempre cullato dal movimento stregato del mare».
Romana Petri, «Io Donna»
«C'è qualcosa di molto potente in queste pagine [...] Un romanzo denso di vita, morte, rovine, nuove possibilità, in cui brillano le donne, indomite, coraggiose, oltraggiate ma arrese mai».
Marta Cervino, «marie claire»
Con Il talento del cappellano torna nelle librerie il vicequestore Vanina Guarrasi, l'amato personaggio di Cristina Cassar Scalia, astro nascente del crime italiano.
In una notte di neve, il custode di un vecchio albergo in ristrutturazione alle pendici dell’Etna scopre il cadavere di una donna. Quando però i poliziotti della Mobile di Catania arrivano sul posto, del corpo non vi è più traccia. Poche ore dopo viene ritrovato nel cimitero di Santo Stefano, proprio il paese dove abita la Guarrasi, al fianco di un uomo disteso, un monsignore conosciuto e stimato; entrambi sono stati uccisi. Particolari inquietanti circondano la scena: qualcuno ha disposto intorno ai due corpi fiori, lumini e addobbi.
Il mistero si dimostra parecchio complesso, oltre che delicato, perché i conti, in questa storia, non vogliono mai tornare, un po’ come nella vita di Vanina. Con il Capodanno alle porte, pasticcio peggiore non poteva capitare e l’aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè può risultare al solito determinante.
«Con una scrittura avvolgente e ironica, impastata con la lingua siciliana che abbiamo imparato a conoscere e amare nei romanzi gialli di Andrea Camilleri, Cristina Cassar Scalia, giallista italiana tra le più amate, ci conduce nelle atmosfere opulente di una terra magnifica attraverso una indagine incalzante che non si accontenta di esaminare al microscopio il recente passato delle vittime e degli ipotetici assassini ma scandaglia in profondità il passato di tutti i personaggi coinvolti alla ricerca dell'indizio nascosto, della pista insospettabile» (Gabriella Genisi, «tuttolibri – La Stampa»).
Il duplice delitto costringe Vanina a scavare nel passato delle vittime, pagine intense che mostrano al lettore uno spaccato di storia della vita siciliana: «Approfitto sempre delle storie che racconto per ricordare anche un po' del tempo andato. Stavolta ricordo la terribile escalation della mafia siciliana che ha avuto il suo culmine estremo in stragi come quella di Capaci. Uso spesso l'escamotage della cronaca per far narrare a Patanè pezzi del nostro passato» (Cristina Cassar Scalia intervistata da Francesco Mannoni, «Il Mattino»).
Il caso è spinoso e spinge il vicequestore a non lasciare nessuna pista in sospeso, a soffermarsi su ogni indizio, ad ascoltare ogni storia: «C'è tanto di me in Vanina […] Ci accomuna il modo di svolgere le nostre faccende professionali: essendo io medico, sono molto attenta agli indizi che mi servono per elaborare la diagnosi. Cerco sempre di andare più a fondo, di sviscerare il più possibile ciò che mi viene detto. Allo stesso modo Vanina deve indagare, scoprire per arrivare alla soluzione» (Cristina Cassar Scalia intervistata da Francesca Bolino, «la Repubblica - Torino»).