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Sono amati da alcuni, odiati da molti, temuti da tutti. I Wadia controllano trasporti, miniere, zuccherifici. Ma è con la speculazione edilizia che stanno consolidando il loro impero. Ora però le proteste di chi viene sfrattato montano e il «Delhi Post» sta indagando per fare esplodere lo scandalo. Grazie al carisma e alla determinazione, Neda è riuscita a insinuarsi nella cerchia di Sunny Wadia, il rampollo destinato a prendere in mano le redini della famiglia. Ma invaghirsi di una giornalista come lei è una debolezza che a Sunny potrebbe costare molto cara. Il compito di scongiurare la rovina spetterà ad Ajay, ragazzo di origini poverissime, autista, tuttofare, guardia del corpo e, all’occorrenza, vittima sacrificale.
L'età del male di Deepti Kapoor, primo volume di una trilogia, è stato «il caso della fiera del libro di Francoforte» (Alessia Rastelli, «Corriere della Sera) ed è tradotto, o in via di traduzione, in più di 30 Paesi. Presto diventerà anche una serie tv.
«Deepti Kapoor ha tratteggiato un dipinto preciso e puntuale di una situazione drammatica […] Tranne le storie dei protagonisti, è tutto vero: questo mondo corrotto e avido è l’India che Kapoor conosce. Per gli Indù è Kali Yuga, l’ultima età, l’età del vizio contro la quale qualsiasi sforzo è futile. È un’epoca senza dèi, dominata da uomini corrotti dall’ateismo e dal potere accumulato. È una condanna, una dannazione. Chi attraversa l’ultima era del ciclo induista non si rende conto di non avere più risorse: è confuso dal benessere. Forse è proprio per questo che non si può definire L’età del male un thriller, perché, benché sia il primo capitolo di una trilogia, non può giungere a una conclusione. “Il male”, come scriveva Cormac McCarthy, “Non ha un inizio e non ha una fine. Il male è, e noi siamo in relazione a esso”».
Giulio D’Antona, «tuttolibri – La Stampa»
«L’età del male è un affresco potentissimo, affascinante e violento di come gli universi del nostro mondo girino vorticosamente e senza scampo attorno al denaro, che diventa il nucleo, il nocciolo radioattivo di emozioni, aspirazioni, sentimenti, incubi e sogni di tutti, dagli emarginati che stanno addirittura oltre i bordi della società, intoccabili senza casta, fino a quelli che ci stanno al centro, anzi, sopra, con lo sfarzo e la potenza di antichi maraja. Bravissima Deepti e bellissimo L’età del male. […] Nonostante tutta la feroce disperazione che contiene, nonostante la sua disturbante violenza, questo è anche un romanzo spesso ironico e sicuramente divertente. Come Deepti ci sia riuscita è frutto di quella magia che appartiene ai grandi scrittori».
Carlo Lucarelli, «Corriere della Sera»
«Pagine imbevute nell’adrenalina di un viaggio nel sottobosco del crimine, nella politica corrotta e tra le speranze disattese dei nullatenenti del nord dell’India. Ma è anche un’escursione antropologico nella “New India” di vent’anni fa, epoca in cui è ambientato il primo tomo di un’attesissima trilogia […] Quanta lucidità e capacità di narrare con un linguaggio semplice, avaro di aggettivi, con frasi brevi: soggetto, predicato verbale, complemento oggetto, punto. Poche, rapide descrizioni per dare vita a personaggi come Ajay e Sunny, ma soprattutto come quello più autobiografico, Neda Kapur, la reporter che s’invaghisce del figlio del boss criminale, che diventa la Eco di questo gangster Narciso e viene avviluppata in una ragnatela da cui sarà complicato uscire, pagando in un certo senso un prezzo di sangue per questa relazione pericolosa».
Carlo Pizzati, «la Repubblica»
«Un romanzo prorompente che vi trascinerà nei bassifondi di Delhi».
The New York Times
«Giorni con un dilemma orribile: divorarlo o centellinare i capitoli per farlo durare?»
The Washington Post
Sharon, detta Sharo, è una ragazza di borgata come tante, con sogni nemmeno troppo grandi. È bionda, alta, magra e ha la faccia sempre imbronciata; non una bellezza classica, eppure attira gli uomini come il miele le mosche. Cresciuta alle Torri, nella periferia romana, ha sopportato a testa bassa una vita più dura del dovuto.
Vive con la madre invalida e ha bruciato un bel po’ di lavoretti precari sempre per la stessa ragione: le mani lunghe dei capi. Poi una misteriosa consegna portata a termine per conto del fidanzato, un piccolo balordo, cambia la sua esistenza. Con la protezione di un annoiato aristocratico, Sharo inizia la sua irresistibile ascesa criminale. Ma la mala che conta, quella che controlla il mercato della droga, si accorge di lei e comincia a tenerla d’occhio, a guardarla con rispetto, con timore, con odio.
Lí, in quell’ambiente, nella zona oscura della città, nessuno la chiama piú con il suo nome. Per tutti è la Svedese.
Andò a dormire stringendo lo zainetto e il suo prezioso contenuto. Prima di sprofondare nel dormiveglia, accompagnata da Eggy, un ultimo pensiero: cinque sacchi, cosí, puff!
«La Svedese è una ragazza, mi sono sforzato di pensare come lei, e come i tanti che hanno vissuto in una bolla di disagio, insofferenza, antagonismo. Mi sono sforzato di vederla come quei ragazzi e quei disagiati che non potevano permettersi i duecento metri quadrati in centro, il posto fisso, il ristorante gourmet d'asporto. E ho chiesto alla Svedese di comunicarmi la sua rabbia, il suo impeto, la sua freschezza e la sua astuzia. Così la Svedese è diventata la protagonista di un'ascesa criminale nei giorni della pandemia, muovendo dalla sua immaginaria borgata alla conquista del centro».
Giancarlo De Cataldo, «tuttolibri – La Stampa»
«Il nuovo romanzo di Giancarlo De CaItaldo si beve come una birra ghiacciata quando fa caldo, ma contiene tutto: la lotta di classe, le nuove droghe, il virus, il potere. Più che a un romanzo, però, assomiglia al primo episodio di una serie. Non è un caso, perché la fine della fine è tra le novità più interessanti della narrativa d'azione degli ultimi anni: nell'impossibilità di ricavare una morale dalla storia, scoprire il colpevole e ridare un ordine al mondo frantumato dall'irruzione del male, la narrazione tende a prolungarsi all'infinito, moltiplicando attenzione e consumo, come nei serial tv […] La Svedese è un romanzo di formazione criminale in un mondo in cui, per i poveri, il crimine sembra tornato a essere l'unico romanzo possibile».
Giacomo Papi, «la Repubblica»
«Quando sostituisce Fabio investito e azzoppato da un'auto pirata, nella consegna porta a porta di vari stupefacenti, Sharon detta Sharo, a contatto con un mondo annoiato, viziato e prepotente, cambia rotta e diventa La Svedese. E fascino e senso spietato degli affari si fondono nella sua ammaliante bellezza».
Francesco Mannoni, «Il Mattino»
«Impossibile non affezionarsi alla protagonista dell'ultimo noir del magistrato che scrive i best seller criminali più raffinati: Sharon detta Sharo è una donna magnetica che sa ottenere rispetto. Anche dalla mala romana».
«Vanity Fair»
Inedito in Italia, primo dopo la serie di Neal Carey, Ultima notte a Manhattan di Don Winslow è la storia di un omicidio che è solo un tassello di un disegno più vasto, un complotto ordito da chi sa di potere tutto.
Siamo alla fine degli anni Cinquanta, Manhattan è all’apice del suo fulgore, il posto ideale per chi ha grandi ambizioni o vuole soltanto cambiare vita. Joe Keneally è un giovane senatore che mira alla presidenza. Walter Withers, invece, a New York ci è tornato. Ha lavorato a lungo per la Cia e adesso è un investigatore privato in una grande agenzia di sicurezza. Le loro parabole si intersecano quando a Withers viene chiesto di fare da scorta durante un party a Madeleine Keneally, l’affascinante e ricca moglie del senatore, la «principessa d’America» che sembra destinata a diventare First Lady. Un compito di routine, all’apparenza. Ma nello stesso albergo alloggia anche la giovane e bella amante del senatore.
«Prima o poi succede qualcosa di brutto a qualcuno di loro […]. Per arrivarci Winslow si prende il suo tempo, tutto quello che gli serve e che ci vuole, intrecciando destini e caratteri, paranoie e coincidenze, nell'atmosfera ovattata e inquietante, elegante e frenetica, appunto, di un Natale a Manhattan. Sospetti e segreti che crescono fino a scoppiare in questo noir che sembra un romanzo di spionaggio York, e si muove come un hard boiled» (Carlo Lucarelli, «Tuttolibri – La Stampa»).
Winslow ha dato vita a un romanzo emozionante: «La narrazione e lo stile di Don Winslow – che qui leggiamo nella fedele traduzione di Alfredo Colitto – sono cose che prendono e non mollano. Perché è bravo, il nostro Winslow – personalmente è uno dei miei preferiti – padrone di un mestiere così solido che fa quello che deve fare il mestiere quando è solido: non si vede» (Carlo Lucarelli, «Tuttolibri – La Stampa»).
Con Ultima notte a Manhattan Winslow «non solo si addentra nel terreno, affascinante e potenzialmente pericoloso, del fanta-noir storico. Ma lo fa abbandonando la consueta, cristallina limpidezza dello stile e della scrittura. Per calarsi in un'altra scrittura e a un altro stile, meno "classici", meno controllati, più torrenziali e anarchici: quelli tipici dei maestri dell'hardboiled, Dashiell Hammett, Raymond Chandler. O il leggermente meno raffinato Mickey Spillane, l'unico citato esplicitamente, e in più di una occasione, nel romanzo. […] Il risultato è un affresco movimentato, pieno di ritmo, dipinto con partecipazione emotiva e un pizzico di nostalgia: sentimento che ci assale dì fronte a momenti della storia irripetibili, nel bene e perfino nel male, e che ci sembra di aver vissuto anche se non c'eravamo. Un'esperienza dolceamara, che evoca le note di un sassofono jazz dell'epoca: da leggere, magari, ascoltando gli album del primo John Coltrane» (Claudia Morgoglione, «Robinson – la Repubblica»).
«Ecco, dire che Ultima notte a Manhattan mette insieme il James Ellroy di American Tabloid, l'appena compianto John Le Carré de La talpa, e anche il Raymond Chandler de II grande sonno, è inopportuno soltanto perché anche Don Winslow è un grande classico alla pari degli altri» (Carlo Lucarelli, «tuttolibri – La Stampa»).
Nel nuovo romanzo di Nesbø protagonisti sono due fratelli, Roy e Carl. Roy vive da solo, da anni, in un paese della Norvegia, nella casa di famiglia; gestisce una stazione di servizio, è un uomo taciturno ma capace nel suo mestiere. Carl, il fratello adorato, sempre protetto, presente in tutti i suoi ricordi, se ne è andato quindici anni prima. Ora è inaspettatamente tornato con il grandioso progetto di costruire un hotel e trasformare il paese in una località turistica.
Il suo arrivo però risveglia ricordi, rancori, sospetti e invidia; riemerge un segreto di famiglia che giaceva nascosto nell'animo di entrambi. Roy si trova di nuovo a doverlo difendere dall’ostilità e dai sospetti degli altri, deciso a non far riaffiorare i fantasmi del passato.
Non c’è l’amato Harry Hole dunque, ma il maestro del crime scandinavo ha dato vita a un thriller sulle menzogne, i segreti, i tradimenti nascosti dietro la rassicurante facciata della vita familiare. Per Stephen King è animato da «una tensione fortissima ed è davvero originale. Un libro speciale da tutti i punti di vista».
In un’appassionata recensione su «Robinson – la Repubblica», Claudia Morgoglione descrive Il fratello come «una storia libera da tentazioni politiche e sociali, che per la sua potenza narrativa appassionerà sicuramente i nesbiani duri e puri […] Qui le cose sono diverse. Perfino nel dipanarsi della violenza: lenta, lentissima, in apparenza assente per lunghi tratti del racconto. Ed è per questo che II fratello conquisterà anche chi nesbiano non lo è mai stato: meno stilemi di genere, più viaggio al termine di una notte piena di incubi».
Come ha raccontato lo stesso Nesbø a «The Independent» (link) attraverso questo romanzo, l’autore ha fatto i conti col proprio passato, con la forza dei legami tra fratelli, con l’insidia dei segreti trasmessi da una generazione all’altra. Scrivere storie è il suo modo per affrontare dubbi e fantasmi, trasformando il passato in qualcosa di nuovo.