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Brigitte Zébé Ku Phakua se n’è andata, nella notte del 28 dicembre, all’improvviso: e la sua partenza è stata brutale come il suo arrivo. Il giorno prima, aveva compiuto quarantanove anni. Forse stava male da tempo, ma non ci ha badato. Prendersi cura della propria salute è sempre stato l’ultimo dei suoi pensieri. La prima parola che mi ha detto è stata il suo nome. Le ultime, nel messaggio di auguri che ci siamo scambiate a Natale, “mi dispiace”, e “grazie”. Parole di circostanza, che però – nel loro essere definitive – assumono un significato assoluto. Mi dispiace può riferirsi a tutto ciò che negli anni seguiti alla pubblicazione del nostro libro, Io sono con te, non è andato come volevamo e come forse doveva. Grazie invece per il percorso di vita – spesso doloroso, ma con sprazzi anche di gioia e di festa – che abbiamo condiviso.
In questi anni, quasi tutti coloro che ci hanno letto volevano sapere cosa fosse accaduto dopo l’ultima pagina. Se Brigitte aveva ritrovato le sue figlie, se aveva finalmente un lavoro stabile, una casa, una vita degna. Le ha ritrovate, le figlie, che però sono cresciute in Congo senza di lei, e il sospirato ritorno in Africa, lo scorso anno, non ha potuto davvero suturare la lacerazione. Lo aveva conquistato, un lavoro stabile, alla casa di riposo Regina Mundi, dove ha continuato ad assistere le suore anziane, e spesso ad accompagnarle nel declino. Aveva anche una casa. E i due figli maschi con sé, finché si sono avviati ognuno per la sua strada. Ma aveva anche i suoi demoni, perché i traumi subiti durante il sequestro e la prigionia e poi nei primi tempi in Italia, quando ha vagato senza tetto e senza aiuto, sporca e affamata, invisibile a tutti nell’affollata Stazione Termini di Roma, le hanno negato quella stabilità che avrebbe potuto salvarla.
La sua scomparsa mi lascia e ci lascia l’amarezza di un mancato lieto fine per una vita che è rimasta tragica. Tante riflessioni sul senso del bene e del male che ci facciamo gli uni con gli altri, a volte senza prevedere le conseguenze delle nostre azioni. E sul significato della letteratura. Per molto tempo ho creduto di aver dato a Brigitte la mia voce, come lei mi aveva chiesto quando abbiamo cominciato a scrivere il libro. Ma in realtà di Io sono con te Brigitte è stata l’autrice in un modo più sottile. È stata lei a decidere cosa raccontare di sé e cosa tacere. Come voleva che la vedessimo e come lei stessa voleva essere. La Brigitte del libro è più luminosa della Brigitte che la vita ha sciupato e infranto. In Congo aveva scritto canzoni. Ho tante storie, maman Melania – diceva. Ne scriveremo altri dieci, di libri. È bastato uno solo. Era fiera di aver fatto conoscere la sua storia – e con essa quelle spesso affini di migliaia di altri rifugiati – e che tante lettrici e lettori si sono sentiti chiamati ad agire nel mondo, grazie a lei.
Brigitte era molto credente. «Io sono con te» è la frase della Bibbia che l’ha fermata sull’orlo dell’abisso. Dio la ripete più volte, a chi si è perso, e lo consola. La sua fede incrollabile mi ha inizialmente stupito, talvolta irritato perché mi pareva la inducesse alla rassegnazione, infine mi ha ispirato la nostalgia di non possederla. Il funerale a Matadi di sua madre, maman Nzusi, che l’aveva raggiunta in Italia, e qui è morta durante l’epidemia di covid, è stato una festa di canti e danze: lacrime fra i colori e la certezza di una vita ulteriore ed eterna. Pure il corpo di Brigitte tornerà a Matadi, come suo desiderio.
Anche io le dico mi dispiace, e grazie. La affido al suo Dio, che avrà cura di lei, e le darà pace. Addio Brigitte.
Melania G. Mazzucco
Mercoledì 10 gennaio alle ore 16.30, a Roma presso la chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, si è tenuta la messa in suffragio di Brigitte, organizzata dalla Fondazione Centro Astalli.