Il Re del gelato
Cristina Cassar Scalia
Arrivata da poco a Catania, Vanina sta facendo conoscenza con la città quando le piomba addosso un caso delicato, di quelli...
Il vicequestore Giovanna, detta Vanina, Guarrasi è stata trasferita alla mobile di Catania a 39 anni. A Palermo, la sua città, lascia il ricordo di suo padre, ucciso dalla mafia, e un amore doloroso.
Tra queste due città si svolgono i romanzi che la vedono protagonista: storie di indagini che mettono alla prova «l'acume, la tenacia e la fantasia di una grande poliziotta». Sullo sfondo di queste indagini si staglia l’immagine di una Sicilia viva, con tutte le sue bellezze e le sue contraddizioni.
Nella mappa qui sotto potete esplorare e scoprire alcuni dei luoghi più iconici delle storie di Cristina Cassar Scalia. Utile anche per le vostre vacanze a tema letterario.
La saga degli Effinger ha inizio con Paul e Karl – figli del capostipite Mathias, orologiaio a Kragsheim – che da un piccolo paese si dirigono alla volta della Berlino cosmopolita per cercare fortuna. Ambiziosi e irrequieti, mecenati talentuosi e sensibili, ardenti patrioti e prussiani, in poco tempo gli Effinger riescono a guadagnarsi la fama di abilissimi imprenditori e a diventare una delle famiglie piú importanti della città. Ma dopo la Prima guerra mondiale, le loro certezze borghesi cominciano a sgretolarsi e piano piano anche le loro splendide feste non possono piú nascondere l’antisemitismo sempre piú dilagante e brutale.
Gli amori, le sofferenze, le rivoluzioni politiche, ma anche gli arredi, gli abiti da sera, i caffè, i teatri: Gabriele Tergit, in un trionfo di voci e immagini minuziose, racconta il perduto mondo ebraico berlinese.
Nonostante il valore di questo romanzo sia stato scoperto più tardi della sua prima pubblicazione, nel 1951, oggi Gli Effinger viene considerato un classico, in corso di pubblicazione in tutto il mondo: «Uno splendido e ineguagliabile affresco della Germania ebraica tra Ottocento e Novecento» (Literatur – Der Spiegel).
Alla sua prima edizione italiana, nella traduzione di Isabella Amico di Meane e Marina Pugliano, il libro di Gabriele Tergit sta entusiasmando i lettori e la critica. Ecco alcuni estratti:
«Sembrerebbe difficile trovare qualcosa di creativo e di nuovo in un romanzo storico. Ma ci sono delle sorprese – ad esempio un romanzo di grande successo e di indubbio fascino come Gli Effinger. […] Gabriele Tergit racconta con una grazia e una naturalezza che sfidano ogni ridicola pretesa di emulazione e riescono a far toccare con mano, a far sentire la realtà e la vita dei tedeschi in quegli anni. In questo fluviale racconto – il cui protagonista è Berlino più che la Germania – ci sono soprattutto la leggerezza e la malinconia piuttosto che la grandezza imperiale della capitale».
Claudio Magris, «Corriere della Sera»
«La storia corre sciolta e ariosa. Priva di compiacimenti formalistici, e resa musicale da una serrata polifonia di dialoghi brillanti, la prosa stabilisce una complicità affettuosa col lettore. L'impianto sembra pronto per una sceneggiatura, e infatti i diritti cinematografici sono già stati opzionati. Facile supporre che Gli Effinger sia atteso da un destino felice. […] Catturano la costante mancanza di sentimentalismo nella registrazione dei fatti e la vitale densità dell'affresco storico, economico e sociale, dal quale emergono i meccanismi del lavoro, la lotta fra capitalismo e marxismo, le idee sull'emancipazione della donna, il contrasto tra l'anelito giovanile alla secolarizzazione e il vecchio integralismo religioso nei contesti ebraici. Ogni cosa s'intreccia, s'amalgama e risplende, nell'epopea moderna degli Effinger».
Leonetta Bentivoglio, «Robinson – la Repubblica»
«Leggere Gli Effinger della scrittrice Gabriele Tergit (1894-1982) è qualcosa di simile a un'immersione totale […] Sì, lo hanno paragonato ai Buddenbrook, e le somiglianze sono evidenti, l'impronta è quella (tra l'altro il capolavoro di Mann finisce nel 1877, mentre qui incontriamo Paul Effinger nel 1878), soprattutto in alcuni personaggi. […] Tergit crea (o forse solo ricorda?) protagonisti irresistibili. Sembra di vederli intorno al grande tavolo da pranzo. Ridere, litigare, amare. La stampa tedesca, che ha riscoperto e incoronato il romanzo nel 2019 (opzionati i diritti per farne un film), ha fatto notare che qualsiasi autore di drama di una qualunque piattaforma digitale dovrebbe arrossire davanti alla costruzione narrativa degli Effinger. Alla straordinaria resa di un mondo perduto per sempre, e mai così vivo».
Annachiara Sacchi, «la Letttura – Corriere della Sera»
Con L’invenzione degli italiani Marcello Fois propone un’appassionante rilettura del classico, e spesso vituperato, Cuore di Edmondo De Amicis. Per lo scrittore, che da bambino parlava il sardo e si sentiva un po' come il ragazzino calabrese che entra, quasi da straniero, nella classe torinese, la lettura di questo «diario» è stata l'occasione per immergersi nella lingua italiana.
Lo stesso Fois, in una bella conversazione con Abraham Yehoshua, su «la Lettura – Corriere della Sera», ammette che «Cuore è stato il primo tramite linguistico nazionale con cui ho avuto a che fare sul serio perché per me l'idioma ufficiale è cominciato con le scuole elementari, quando sono passato dalla lingua intima, domestica, locale - il sardo - all'italiano. Non sempre le cose sono state lineari e dentro il libro Cuore erano espressi alcuni dei problemi che io avrei incontrato».
Cuore ha un valore normativo e linguistico, progetta il carattere del nostro popolo eludendo il negativo e spostando l'attenzione sul «buono». La sua scuola è l'opposto del mondo reale ed è, secondo Fois, un vangelo laico per il mondo di oggi, un vangelo senza preti e crocifissi, una vera scuola con intento formativo. «Non sempre, scrivendo, si riesce a fare della propria avventura umana, qualsiasi essa sia, a qualsiasi livello del tempo si collochi, una storia generale, addirittura collettiva, ma Marcello Fois ci riesce, leggero e puntuale, critico e comprensivo, allegro di quella allegria che sempre l'aver capito porta con sé» (Chiara Valerio, «L’Espresso»).
De Amicis aveva in mente una scuola che modificasse, che forgiasse, la realtà, ma ci siamo trovati davanti a una società che ha modificato, e forgiato, la scuola L’invenzione degli italiani
Queste pagine ci ricordano che la fondamentale importanza del racconto pedagogico deamicisiano è stata proprio quella di formulare una grammatica essenziale, attraverso cui poterci rappresentare e raccontare come popolo unito perché solidale. Una grammatica fondata su istruzione, empatia e amorevolezza, che in tempi di odio è quanto mai importante cercare nuovamente di imparare
«Se vogliamo capire da dove veniamo, nel bene e nel male, dobbiamo continuare a fare i conti con Edmondo dei Languori» (Ernesto Ferrero, «tuttolibri – La Stampa»).