Giulio Einaudi editore
Franco Loi

Dopo i primi riconoscimenti di Isella e Fortini, fu Mengaldo a consacrare Franco Loi, dandogli la strategica ultima posizione nella sua famosa antologia Poeti italiani del Novecento (1978) e presentandolo senza mezzi termini come «la personalità poetica più potente degli ultimi anni».
A Stròlegh (1974), che era il libro più importante sul quale Mengaldo basava il suo giudizio, seguirono rapidamente Teater (1978) e L’aria (1981), un trittico di libri Einaudi che avrebbero confermato il valore del poeta milanese e restano tuttora la testimonianza di una fase particolarmente felice della poesia di Loi.
Nella tradizione di Carlo Porta e Delio Tessa, Loi aveva ripreso a scrivere poesie in milanese, ma il suo dialetto si differenziava da quello dei suoi predecessori, era pieno di termini spuri o spesso inventati. Se non per la lingua, Loi si ricollegava al Porta per la teatralità dei suoi versi, per le voci differenti che attraversavano i suoi poemetti e le sue poesie. Salvo restituire spazio a un io lirico, spesso trasognato, nel corso degli anni.
La vena narrativa dei suoi versi era l’elaborazione poetica di un’arte affabulatoria naturale, orale, capace di intrattenere e coinvolgere sia un pubblico di amici sia un uditorio più vasto nonostante una voce flebile e di registro acuto. La sua disposizione alla conversazione e all’amicizia ha saputo diventare negli anni anche un prezioso apporto a tante figure di più giovani poeti che a lui guardavano come maestro e punto di riferimento insostituibile.

La sua poesia resterà, ma mancherà a molti la sua simpatia e la sua umanità.

Nel corso di circa mezzo secolo Franco Loi ha pubblicato una trentina di libri. Tra i più recenti: Amur del temp (Crocetti 1999, 2018); L’aria de la memoria (Einaudi 2005), un’auto-antologia che raccoglie il meglio di tutta la sua produzione; I niül (cioè «le nuvole», Interlinea 2012).