Tag: femminismo
Come fai a tenere insieme la tua fede cattolica e il tuo femminismo? È una domanda che Michela Murgia si sente rivolgere di continuo. È la stessa che si pongono le persone credenti LGBTIAQ+ e che si pone chiunque debba fare compromessi tra la propria coscienza e i precetti dottrinari, per esempio in merito ad aborto, eutanasia, fecondazione assistita. Per rispondere è necessario capire quali aspetti della vita e della fede siano davvero in contraddizione, e soprattutto se certi insegnamenti non siano semplicemente un’eredità storica da ridiscutere ogni giorno alla luce del Vangelo e della propria intelligenza.
God Save the Queer è un audace pamphlet, popolare e coltissimo, che con lucidità ed ironia ci spiega perché si può essere persone femministe e cattoliche nello stesso tempo.
«Quando ho iniziato a scrivere, volevo capire se si può essere femministe e cattoliche. A mano a mano che andavo avanti sentivo la necessità di arrivare alla queerness, cioè alla possibilità che le strutture dell'identità e delle relazioni siano meno rigide di quanto non si voglia o non si pensi».
Michela Murgia in dialogo con Nichi Vendola, «L’Espresso»
«Di Michela Murgia, in God Save the Queer, c'è tutto. Ci sono la fede e la modernità. La capacità di indagare il sacro e quella di rappresentarlo attraverso le parole. Il femminismo, la tecnologia, uno sguardo aperto sulla vita che è, sempre, mutamento. E che per questo nulla può pretendere di fissare. C'è, al fondo, la libertà di una scrittrice che può spaziare dalla Bibbia a Harry Styles a Cenerentola passando per David Bowie e Il giovane Holden, senza smettere di parlare di noi».
Annalisa Cuzzocrea, «La Stampa»
«Lo spieghi bene nel tuo libro, lo stesso concetto che avevo espresso io in Quel che è di Cesare: c'è differenza tra essere cristiani, essere credenti o aderire alla cristianità. L'uso improprio della religione come strumento di potere è il più grande tradimento del Vangelo».
Rosy Bindi, «la Repubblica»
«God Save the Queer è un libro anche molto divertente: uno sta lì che legge una frase dal Vangelo secondo Giovanni e poi spunta Harry Styles… Il bello della scrittura della Murgia è che è molto colta, molto gradevole, lieve, però è anche molto popolare e intima [...] Io credo che questo libro oggi sia ancora più interessante perché, ripeto, con grande leggerezza spiega e indaga cose che ci riguardano tutti».
Daria Bignardi a Radio Capital, link
«Un coraggioso pamphlet, colto e ironico, teologicamente importante e umanamente prezioso».
Sabina Minardi, «L’Espresso»
«Puntando sulla sua vita da credente e attivista Murgia vede un Gesù come Messia che non si fa racchiudere in etichette e genere, un Messia "queer", che sta dove recinti ed etichette saltano».
Monica Bogliardi, «Grazia»
Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. Stai zitta di Michela Murgia, autrice da sempre attenta al tema della donna, è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Un libro militante, «il disvelamento feroce del sessismo nel nostro linguaggio in 112 pagine dense, ironiche, implacabili e attraverso dieci espressioni che raccontano, anzi denudano i meccanismi di potere (maschile) che in quelle parole si manifestano» (Maria Novella De Luca, «la Repubblica»).
Anche Michela Murgia si è sentita gridare «stai zitta» da un noto psichiatra contraddetto in radio durante un’intervista, eppure, per stessa ammissione dell’autrice, «ho perso il conto delle volte in cui qualcuno mi ha detto che le battaglie sul linguaggio sono marginali e che, con tutto quello per cui occorre ancora lottare, è fuorviante e persino dannoso andare a fare pignolerie proprio sulle parole. Il sottinteso è che le parole non contino niente e forse è per questo che in troppi le usano senza prendersene mai la responsabilità. Sottovalutare i nomi delle cose è l'errore peggiore di questo nostro tempo, che vive molte tragedie, ma soprattutto quella semantica, che è una tragedia etica» (Michela Murgia, «Vanity Fair»).
Per ogni diretto negato alle donne a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. «Celebre scrittrice, e tra le figure intellettuali di riferimento nel mondo della cultura italiana, Michela Murgia affronta con eleganza, brio e intelligenza quel legame sottile e mortificante che da sempre esiste, per le donne, tra le ingiustizie che vivono e le parole che le descrivono o con le quali ci si rivolge loro. In un universo in cui sono quasi sempre i maschi che hanno la possibilità di esprimersi in televisione, alla radio o sui giornali – come se solo i filosofi, gli scrittori, i giornalisti e i politici fossero in grado di avere risposte di fronte alle complessità del mondo – le filosofe, le scrittrici, le giornaliste e le politiche che si azzardano a prendere la parola vengono sistematicamente trattate come saccenti, maestrine, isteriche, talvolta persino galline. E se c'è chi, forse più educato di altri, riesce a trattenersi, è raro, anzi rarissimo, che una professoressa ordinaria non sia definita "dottoressa" o che un'avvocata non sia ridotta a "signorina" o "signora"» (Michela Marzano, «La Stampa»).
«Silenzio, Stai zitta! Lo sentiamo fin da bambine. Perché ancora oggi, nella nostra società maschilista, la cosa più intollerabile è che le donne prendano parola per affermare le proprie idee. Lo spiega bene Michela Murgia nel suo ultimo libro. Non facciamoci mai zittire!» (Laura Boldrini, link)