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Con Léon, torna nelle librerie Grazia Negro, uno dei personaggi più amati del maestro del giallo italiano, Carlo Lucarelli. Con lei Simone, il ragazzo cieco di Almost Blue.
Siamo a Bologna, all’Ospedale Maggiore. Grazia è ancora stordita dall’anestesia per il cesareo eppure sorride. Finalmente, a dispetto di tutto, è quello che ha scoperto di voler essere: una madre. Basta con le indagini, basta con i morti, basta con la caccia ai mostri. È felice.
Ma un attimo dopo, torna un incubo dal passato: l'Iguana. È un feroce assassino, una belva capace di cambiare identità come il rettile cambia la sua pelle. È cieco ma si muove con agilità, come avesse un radar. Si sentivano tutti al sicuro, prima, perché era rinchiuso in un manicomio. Invece ora è fuggito, lasciando dietro di sé due cadaveri e un'infermiera terrorizzata.
«Non so da quanto tempo non avevo così paura. E non so neanche spiegare perché: questo fa parte della magia e della capacità di Carlo Lucarelli di mettere insieme i fili, le storie, le musiche […] Un libro pieno di colpi di scena» (Daria Bignardi a l’«Ora Daria» – Radio Capital, link).
Grazia Negro è l'ispettore che l'aveva catturato. «Finalmente» madre di due gemelle, in aspettativa, ha mollato tutto per godersi la maternità tanto desiderata. Ora, il timore che l'Iguana voglia vendicarsi di lei e del suo ex compagno che l'aveva aiutata, anche lui non vedente, è forte e viene portata in una residenza protetta.
La gioia della maternità è dunque sconvolta da questo nuovo pericolo; la protagonista dovrà riuscire a dedicarsi alle due figlie e dare la caccia al terribile assassino: «Si trova a un bivio: deve scegliere di essere o una cacciatrice o una mamma. L'alternativa per lei è motivo di molti problemi che al momento non riesce a risolvere a causa del suo modo ossessivo di operare» (Carlo Lucarelli intervistato da Francesco Mannoni, «Il Mattino»).
«Il racconto nel suo fluire ha un andamento sinuoso che porta la paura – il sentimento lo scrittore sa meglio far crescere e tenere vivo – sempre più vicino: nell'intimità di una casa, che diventa vulnerabile; nella sicurezza di una struttura di cura, che dovrebbe sorvegliare e guarire ma non lo fa o comunque non lo fa abbastanza; nella fiducia verso la persona che sta a fianco, che diventa sospetta […] La scrittura è sorvegliata, attenta e asciutta: usa periodi corti o frammentati, parole che rompono il ritmo di lettura e spezzano il fiato; dialoghi, a capo, punteggiatura e spazi vuoti sulla pagina» (Severino Colombo, «Corriere della Sera»).