Giulio Einaudi editore

Storia di Torino. III. Dalla dominazione francese alla ricomposizione dello Stato (1536-1630)

Copertina del libro Storia di Torino. III. Dalla dominazione francese alla ricomposizione dello Stato (1536-1630) di Geoffrey W. Symcox, Anthony L. Cardoza
Storia di Torino. III. Dalla dominazione francese alla ricomposizione dello Stato (1536-1630)
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La storia di Torino prosegue con il terzo volume, dedicato a un perido breve ma cruciale per la storia della città.

1998
Grandi Opere
pp. XXXIII - 732
€ 67,14
ISBN 9788806144876
Contributi di

Il libro

Una capitale non nasce da un momento all’altro. E’ l’insieme di fattori diversi. Emanuele Filiberto ritenne -come è noto – di non potersi accontentare del castello degli Acaia e decise di occupare temporaneamente il palazzo dell’arcivescovato, che sarebbe stato il primo nucleo di quella costruzione del palazzo ducale esattamente a metà fra il vecchio perimetro e la città nova. Era per Torino il primo delinearsi della presenza di una corte. La rapida costruzione della cittadella (il cui significato è chiarito nei due notevoli saggi di Vera Comoli Mandracci e di Aurora Scotti) appariva, ben piú che non la decisione di utilizzarela dimora episcopale, come una rivendicazione anche militare del potere. Questo significava chiaramente che le autonomie urbane dovevanofare i conti con questa nuova realtà, che come ridisegnava gli spazi del centro, costringeva i ceti a rapportarsi ad un vertice ben piú saldo e presente. Il volume ha quindi potuto giovarsi del fatto che il tempo di Emanuele Filiberto è stato recentemente rivisitato da ricerche innovative (mi riferisco ai lavori di Vera Comoli Mandracci, Walter Barberis, Cristina Stango, Claudio Rosso, Pierpaolo Merlin) che hanno ridefinito problemi come l’identità urbana, il rapporto con i ceti, la tradizione militare, le istituzioni giudiziarie ed amministrative, i nuclei essenziali dello Stato, la corte. Per quanto riguarda quest’ultima i suggerimenti di Norbert Elias sono stati particolarmente efficaci -anche se inevitabilmente trasformati ed adattati – perché la storiografia sabauda aveva profondamente confuso i termini, utilizzando il concetto per Individuare qualcosa che era insieme Stato, spazio del potere e dinastia. Da questo punto di vista l’attenzione specifica alla corte come luogo della rappresentazione del potere, nodo delle interdipendenze, spazio cerimoniale, realtà complessa capace di coinvolgere non solo la nobiltà, ma anche altri ceti, microcosmo funzionale all’interno della città, frutto di tradizioni culturali che si sommano, dal modello borgognone a quello francese, a quello spagnolo, che emergerà dopo il tempo di Emanuele Filiberto, con il matrimonio di Carlo Emanuele I e l’infanta, ha consentito di restituire identità ad un oggetto dai compiti specifici. La corte è profondamente coinvolta non solo nella trasformazione della città in capitale, ma anche nell’invenzione di politiche culturali ed artistiche destinate a modificare gli spazi urbani e ad arricchirli di veri e propri tesori. Il ducato di Emanuele Filiberto rappresenta per la città e per tutto il territorio un ventennio di ricomposizione interna, di vigile pace armata, di profondo investimento nella costruzione di un sistema difensivo: le stesse fortezze, che ripetevano un po’ lo schema della cittadella di Torino, erano un segno tangibile e forte del fatto che lo Stato ridefiniti i rapporti con i ceti – reclamava il monopolio della violenza.

Dalla Premessa di Giuseppe Ricuperati

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