Giulio Einaudi editore

Federico da Montefeltro

Arte, stato e mestiere delle armi
Copertina del libro Federico da Montefeltro di Andreas Tönnesmann, Bernd Roeck
Federico da Montefeltro
Arte, stato e mestiere delle armi
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Un ritratto ricchissimo di sfaccettature e zone d'ombra del piú famoso e ambizioso condottiero dell'Italia quattrocentesca. Una suggestiva rappresentazione del sistema di funzionamento economico, politico e militare di tutta l'Italia del Rinascimento.

2009
Saggi
pp. XII - 260
€ 32,00
ISBN 9788806197131
Traduzione di

Il libro

Federico da Montefeltro ovvero il profilo piú celebre d’Italia, immortalato dall’altrettanto celebre ritratto di Piero della Francesca conservato agli Uffizi. Ma pochi conoscono la storia di quel naso cosí particolare. E soprattutto pochi sanno attraverso quali vicende Federico riuscí a realizzare il sogno di trasformare tra il 1444 e il 1482 Urbino, un piccolo borgo marchigiano di montagna in uno dei piú straordinari e prestigiosi centri dell’architettura rinascimentale. Federico portò gli artisti piú famosi a Urbino, la sua biblioteca fu tra le piú importanti e rivoluzionarie dell’epoca, il Palazzo Ducale della città divenne il prototipo di residenza del principe della sua epoca. Lo storico Bernd Roeck e lo storico dell’arte Andreas Tönnesmann compongono un ritratto ricchissimo di sfaccettature e zone d’ombra del piú famoso e ambizioso condottiero dell’Italia quattrocentesca, la storia dell’ideazione e della costruzione del suo palazzo, le sue imprese militari, il culto sovrano dell’arte. Attraverso la ricostruzione di questo perfetto uomo del Rinascimento, capitano di ventura, politico, mecenate, traditore, probabile assassino, insuperabile uomo di marketing, questo libro, in cui duelli, guerre e congiure si combinano con i piú nobili ideali umanistici ed artistici, costituisce una suggestiva rappresentazione del sistema di funzionamento economico, politico e militare di tutta l’Italia del Rinascimento.

«Probabilmente è famoso, molto famoso, per il suo naso. Piú precisamente, per il pezzetto che manca. La punta non ha nulla di strano. Non sporge in modo aristocratico ed effimero verso il mondo, né s’ingrossa come un bulbo. Sta nel giusto mezzo, nella mediocritas. Il dorso del naso rivela persino un tratto nobile tendendo dritto alla fronte. Qui però, dove altri nasi si perdono dolcemente senza rialzo, non c’è transizione, non c’è radice, ma soltanto il vuoto. Un taglio netto, un gradino, un’intaccatura interrompe bruscamente l’architettura facciale, crea spazio letteralmente per il nulla. Un nulla che però – è innegabile – rende consapevoli dell’esistenza del resto. Nessun altro ha mai avuto un naso simile e questo è diventato il naso d’Italia».

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