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Un caso freddo
La vicenda realmente avvenuta di un assassino braccato per trent'anni.
Il libro
Frankie Koehler entra in questa storia sparando a bruciapelo come il gangster di un vecchio film in bianco e nero con Humphrey Bogart e Jimmy Cagney, e subito scompare nel nulla. Quando riappare ventisette anni dopo è solo grazie all’accanimento di un detective di New York, Andy Rosenzweig, che non vuole dimenticare il duplice omicidio rimasto irrisolto.
I casi «freddi» sono i piú pericolosi, niente di piú facile del chiuderli sostenendo che il presunto colpevole sia anche un presunto morto. Ma Rosenzweig non molla, e scavando nel passato di Koehler, ricostruendone la vita e arrivando persino a cenare ogni sera nello stesso ristorante, nella speranza di veder passare sul marciapiede la sua preda, riesce a incastrarlo.
Il libro però non vive soltanto della caccia al colpevole. Philip Gourevitch ci offre una galleria di newyorchesi indimenticabili, da Richie Glennon, una delle vittime, a Murray Richman, l’avvocato della mala che accetta di difendere Koehler. Un caso freddo è molto di piú della semplice ricostruzione di un caso di omicidio. È la storia di una grande ossessione individuale che si snoda attraverso una serie di ossessioni collettive: un’immagine in profondità dell’America moderna.
«Questo libro è molto di piú del racconto avvincente di un investigatore deciso a risolvere un caso di assassinio vecchio di ventisette anni. La storia è vera, ma ricorda certe indagini romanzesche della letteratura europea del secolo scorso, dove la fine che ci si aspetta non è la fine del libro. Non sono le modalità dell’assassinio o la caccia al colpevole a creare il mistero, ma la natura stessa del crimine».
Scott Turow