Giulio Einaudi editore

La banda della culla

La banda della culla
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Claudia pensava che la cosa peggiore che un uomo potesse dire a una donna fosse «Ti lascio perché non ti merito». Sbagliava. È: «Lei è troppo qualificata per questo lavoro». Tre coppie di giovani di 20, 30 e 40 anni unite da un desiderio che in Italia, dove si è considerati giovani fino a 45 anni, si rivela proibitivo: mettere su famiglia. Per farcela, serve un piano. E una banda di criminali innamorati disposta a metterlo in pratica.

2015
Stile Libero Big
pp. 336
€ 19,00
ISBN 9788806226152

Il libro

Le avventure scatenate dei sei personaggi in cerca di figli di Francesca Fornario fanno piangere dal ridere, nel romanzo di esordio di un talento comico naturale, decisamente fuori formato. La banda della culla è una satira tenera e spietata sulle difficoltà che in Italia incontrano i 20-30-40enni nel diventare genitori. I lavori «a progetto» che impediscono di fare progetti, le leggi che negano i diritti invece di assicurarli, l’indice di fertilità che cala con gli anni: «Colpa dei difetti di progettazione dell’apparato riproduttivo femminile. Per le donne è normale provare dolore e perdere sangue per giorni senza morire e far crescere i figli dentro. Con tutto lo spazio che c’era fuori! Continenti inesplorati, pianeti sconosciuti, un universo in espansione… che bisogno c’era di infilare il seme all’interno del corpo? Perché non fuori, nel nido, come fanno le galline? No, dentro! E naturalmente, indovina dentro a chi?» Nella sala d’aspetto di una ginecologa romana si incrociano i destini di Claudia e Francesco, Veronica e Camilla, Giulia e Miguel. Sei vite che vogliono generare nuove vite. Ma non possono. Non in Italia, dove se hai un contratto precario, o un ovaio policistico, o origini straniere rimani impigliato nella peggiore giungla di divieti e norme arcaiche immaginate da un Paese che dichiara di amare la famiglia ma forse, segretamente, non la sopporta. Cosí parte l’avventura comica e disperata della «banda della culla», che sfida la legge per avere giustizia in un Paese dove gli inviati dei talk-show non vengono inviati da nessuna parte, i giornalisti scrivono sotto pseudonimi che scrivono sotto altri pseudonimi, gli argentini fanno i camerieri nei ristoranti messicani («A brasilià, qui a Roma mica stamo a guardà er capello»).