Giulio Einaudi editore

Opere. I: Dalla poesia d’amore alla poesia dell’esilio

Copertina del libro Opere. I: Dalla poesia d’amore alla poesia dell’esilio di Publio Ovidio Nasone
Opere. I: Dalla poesia d’amore alla poesia dell’esilio
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In questo primo volume di Opere vengono riproposti e commentati i testi amorosi del grande poeta latino, insieme ai piú malinconici componimenti degli ultimi anni in cui Ovidio visse in esilio, nell'attuale Romania. Nel secondo volume, Le metamorfosi a cura di Guido Paduano.

1999
Biblioteca della Pléiade
pp. CXXVIII - 1468
€ 67,14
ISBN 9788844600686
A cura di
Traduzioni di

Il libro

Le prime opere di Ovidio nascono in un contesto di cui non va sottovalutata l’importanza. Finite le guerre, Augusto cerca di rafforzare la pax romana attraverso la restaurazione dei valori severi dell’età repubblicana, propagando fra l’altro un ritorno all’austerità dei costumi. In questo clima, Ovidio esordisce con opere che, se non sono apertamente contrarie al programma augusteo, certo non vi aderiscono né esprimono intenti celebrativi: tra le altre gli Amores, raffinato e ironico gioco intellettuale che si diverte a destrutturare lo stesso genere in cui si inscrive, la poesia elegiaca; le Heroides, lettere che si immaginano scritte da eroine mitiche ai loro uomini in guerra e che compiono un’umanizzazione dei personaggi mitologici; e l’Ars amatoria, il celeberrimo trattato sulle tecniche seduttive, in realtà un affresco della vita galante dell’epoca nonché una difesa dell’amore libero e del piacere. Ed è forse l’estraneità sostanziale della sua poesia alla politica culturale di Augusto a condannare Ovidio all’esilio a Tomi, località dell’odierna Romania. Lontano dalla vitalità di Roma, il poeta si dedica a opere in cui vibrano le nuove note della tristezza, del rimpianto, a volte dell’ira: i libri di Tristia che sono anche una riflessione sulla letteratura, il poemetto Ibis che si scaglia contro un detrattore, le Epistulae ex Ponto che recuperano il tema celebrativo. Per calcolo ? Ironicamente ? Forse. Ma Ovidio, piú che un ribelle, è un poeta: e tutta la sua opera è una difesa della letteratura, della sua autonomia, impossibile da invischiare nei limiti angusti di un programma.

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