Giulio Einaudi editore

«Ho sempre voluto che ammiraste il mio digiuno» ovvero, guardando Kafka

«Ho sempre voluto che ammiraste il mio digiuno» ovvero, guardando Kafka
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«Sto guardando, mentre scrivo di Kafka, la sua fotografia a quarant'anni (la mia età): è il 1924, con ogni probabilità l'anno più dolce e pieno di speranza della sua vita adulta, e l'anno della sua morte. Il viso è affilato e scheletrico, la faccia di uno che vive a credito: zigomi pronunciati resi ancora più evidenti dall'assenza di basette; orecchie con la forma e l'inclinazione delle ali di un angelo; un'espressione intensa e creaturale di sbigottita compostezza - enormi paure, un enorme controllo; unico tratto sensuale, una cuffia nera di capelli levantini tirata sul cranio; c'è una familiare svasatura ebraica nel ponte del naso, un naso lungo e leggermente appesantito in punta - il naso di metà dei ragazzi ebrei che erano miei amici alle superiori.
Crani cesellati come questo furono spalati a migliaia dai forni; se fosse sopravvissuto, il suo sarebbe stato fra quelli».

2011
eBook
pp. 56
€ 6,99
ISBN 9788858404836
Traduzione di

Il libro

È l’estate del 1923 quando in due stanze in un sobborgo di Berlino una nuova coppia dà inizio al suo futuro comune. Lei si chiama Dora Dymant, lui Franz Kafka, e quello è l’ultimo anno della sua vita.
Prima di allora ci sono state altre due brave ragazze ebree nella vita di Kafka, Felice e Julie, poi la passionale, anticonformista Milena. Ma lui è già «sposato con l’angoscia a Praga» e un altro matrimonio non ci sta. È solo con la giovane Dora che Kafka, avvicinandosi alla fine, riesce a svincolarsi dalla città nativa e a pensarsi, seppur per poco, libero di amare.
E se fosse sopravvissuto alla tubercolosi che lo condusse a morte precoce? Se addirittura fosse scampato all’olocausto che si prese tutte le sue sorelle, rifugiandosi all’estero, magari in America, magari in un’accogliente comunità ebraica? Cosa sarebbe accaduto se il cantore di ogni forma di assoggettamento, vincolo, coercizione fosse riuscito a sfuggire? Quali inediti appagamenti il Nuovo Mondo delle mille possibilità avrebbe potuto riservargli?
Philip Roth immagina per noi lo scenario e, incrociando quell’orizzonte letterario e umano al proprio, dà vita a una piccola gemma di lucidità critica e insieme di spassoso estro narrativo.